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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2012 alle ore 06:37.

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A Londra, forse contagiato dal clima preolimpico, il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha usato parole forti, un po' come quelle che usano gli allenatori per galvanizzare gli atleti prima delle gare. Tanto che i mercati finanziari, principali destinatari delle sue frasi, si sono entusiasmati.

Accogliendo, come spesso accade, soprattutto quello che volevano sentirsi dire e dimenticando qualcos'altro, e magari leggendo nelle dichiarazioni anche qualcosa che non c'è. Certamente, Draghi ha generato notevoli aspettative. Si tratta ora di vedere come la Bce potrà soddisfarle. Altrimenti, come tutti gli "interventi verbali", durerà solo il tempo che i mercati sono disposti a credergli prima di vedere i fatti.

Il messaggio di Draghi a Londra è molto importante, in quanto, in un momento di massima turbolenza, rassicura i mercati che la Bce c'è ed è pronta a fare la sua parte per salvare l'euro. Non è però il cambiamento radicale rispetto alle sue posizioni recenti cui la reazione dei mercati potrebbe far pensare.

Il capo dell'Eurotower ha detto sostanzialmente tre cose. La prima: «All'interno del suo mandato, la Bce è pronta a fare tutto quanto necessario per salavare l'euro. E, credetemi, sarà sufficiente». Si tratta di una riaffermazione di quanto Draghi aveva dichiarato pochi giorni fa, che «l'euro è irreversibile» anche per le azioni che si stanno mettendo in atto. Quell'ultima frase (credetemi, sarà sufficiente), dal tono che è suonato vagamente minatorio, ha fatto pensare a qualcuno all'ipotesi di interventi massicci. Quel che invece è stato trascurato è che Draghi precisa che tutto avverrà, e non potrebbe essere diversamente, «all'interno del mandato». Cioè, si direbbe, niente quantitative easing, tipo Federal Reserve, e, per il momento, niente finanziamenti al nascituro fondo salva-Stati Esm, che non ha la licenza bancaria, nonostante le considerazioni in proposito del governatore della Banca d'Austria, Ewald Nowotny. La decisione sulla licenza bancaria, peraltro, spetta ai Governi, anche se il parere della Bce ovviamente pesa, e non poco.

Poi Draghi ha puntualizzato che anche «l'aumento degli spread, nella misura in cui ostacola il funzionamento dei canali di trasmissione della politica monetaria, rientra nel mandato» dell'istituto di Francoforte, che deve «affrontare questa frammentazione» dell'Eurozona. Sono le esatte parole che la Bce ha sempre usato per giustificare gli acquisti di titoli pubblici per poco più di 200 miliardi di euro (inizialmente della Grecia, poi, dall'estate scorsa e fino al marzo passato, di Italia e Spagna), il programma Smp. Questo, sospeso da 19 settimane, ha alcune controindicazioni, che la Bce ha ben presenti, in parte "politiche", in parte tecniche. Anzi tutto, la Germania e altri sono nettamente contrari. Alla Bundesbank osservavano ieri che la loro posizione sull'Smp è nota.
Qualche giorno fa, il governatore della Banca d'Olanda, Klaas Knot, diceva che «l'Smp è in sonno profondo e ci resterà».

Se volesse svegliarlo, Draghi dovrebbe decidere di procedere a maggioranza, ma rischiando uno scontro che ha sempre cercato di evitare. Inoltre, l'esclusione della Bce dalla ristrutturazione del debito greco ha fatto sì che gli investitori vedano ora i suoi acquisti come un peggioramento del loro status di creditori, con il rischio di maggiori perdite, e quindi decidano di vendere il debito di questi Paesi. Infine, il rischio di azzardo morale è forte: l'estate scorsa, gli interventi della Bce allentarono immediatamente la volontà di Italia e Spagna di fare gli aggiustamenti necessari, un episodio rammentato più volte dal presidente della Bce.

Anche per questo, Draghi ha ricordato - il terzo messaggio di Londra - che «la Bce non si vuole sostituire alle azioni che devono prendere i Governi, o le autorità europee». Fra queste, c'è anche l'attivazione del fondo salva-Stati Efsf (e poi anche dell'Esm) in funzione anti-spread. Lo ha sottolineato ieri anche il ministro dell'Economia francese, Pierre Moscovici: «Quest'opzione non può restare solo una riga nei comunicati dei vertici». Problemi tecnici alla sua attuazione non ce ne sono, ma manca la richiesta del primo potenziale destinatario, la Spagna. Come rivelato ieri dal Sole-24 Ore, e come riferito anche dalla "Sueddeutsche Zeitung" e dai rapporti di diverse case d'investimento, e come sembrano indicare le parole di Moscovici, questa dovrebbe essere imminente, ma anche qui il problema è politico.

L'intervento verbale di Draghi a Londra ha avuto un primo effetto non da poco, quello di creare di nuovo un mercato "a doppio senso" per i titoli del debito italiano e spagnolo. Ma ha anche acceso un riflettore più penetrante sulla riunione del consiglio direttivo della Bce la prossima settimana.

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