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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2011 alle ore 17:02.

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Fra le pagine dei suoi rapporti, il Censis lo ribadisce da anni: l'Italia si sta disegregando, i vecchi valori della comunità non esistono più, siamo in piena crisi antropologica, termine da prendersi più nel senso di peggioramento che di evoluzione. «Con la crisi delle figure di riferimento, l'individuo è rimasto solo. Ma oggi non funzionano più neanche quei miti fondamentali che hanno trainato lo sviluppo economico e sociale del Paese negli ultimi decenni all'insegna del soggettivismo spinto», aveva detto il presidente Giuseppe de Rita non più tardi dello scorso giugno, durante una giornata dedicata, appunto, alla «Fenomenologia di una crisi antropologica. I miti che non funzionano più».

Evidentemente, nonostante il gran parlare a sua difesa, oggi è la famiglia, specie quella numerosa, il mito che non funziona più. È sempre il Censis a tornare sul tema dell'individuo "solo" nella ricerca "Ridare slancio alla comunità", presentata da De Rita, che ha tenuto una lectio magistralis nell'ambito del "Festival della Persona" ad Arezzo. Ribadendo che è vero che la società è a rischio disgregazione, visto anche che in dieci anni gli italiani dai 15 anni in su a vivere da soli sono aumentati del 39%. E che proprio le famiglie "monopersonali" hanno fatto boom (+38,9%), seguite da quelle composte da due persone (+20%), e poi da quelle di tre persone (+2,1%), mentre tutte le altre sono diminuite. Parallelamente, sempre fra 2000 e 2010, le coppie con figli sono calate di oltre il 7 per cento.

Sette milioni di italiani vivono da soli. I giovani aumentati del 66%
A vivere sempre più come una sorta di monadi sono quasi 7 milioni di italiani, pari al 13,6% della popolazione di quella fascia di età. Di questi, quasi 2 milioni hanno tra 15 e 45 anni (l'8,5% delle persone in questa classe di età), 1,7 milioni hanno tra 45 e 64 anni (il 10,5%) e 3,3 milioni sono anziani, con 65 anni e oltre (il 27,8%). Vivono da sole soprattutto le donne (il 15,5% a fronte dell'11,6% degli uomini). Ma tra i 15-45enni sono di più i maschi a vivere da soli, così come tra i 45-64enni, mentre tra gli anziani le donne sole sono molte di più (quasi il 38% contro il 15% degli uomini). E negli ultimi dieci anni, la fascia di età aumentata del 66% è quella più giovane. Che quindi non comprende coloro che con troppo amore per la generalizzazione vennero chiamati i «bamboccioni", cioè i trentenni ancora a casa con i genitori che per Bankitalia, nel 2009, rappresentavano quasi il 40% di quella fascia d'età.

Il Censis mette in guardia: «Il welfare deve fare di più»
Ma la vita da single è una scelta o una necessità? In ogni caso «vivere da soli - osserva la ricerca del Censis - non è più solo l'esito dell'età che avanza e della conseguente perdita di quote di relazioni sociali, ma una condizione di vita che coinvolge tutte le fasce di età». Se «vivere da soli non vuol dire essere una monade isolata», tuttavia «rappresenta una fragilità sociale, visto che in genere, in caso di bisogno, ci si rivolge al coniuge o al convivente». Per questo motivo, sottolinea il Censis, «il nuovo welfare di comunità, con tanti anziani e tante persone sole, deve moltiplicare al suo interno le relazioni, soprattutto quelle che nascono dal volontariato, dal terzo settore e dall'associazionismo, che costituiscono forze di coesione cruciali».

La crisi spinge a vivere insieme? Negli Usa sembra di sì
Insieme si resiste meglio ai colpi della vita e dell'economia. Anche per questo potremmo essere un Paese a rischio. Negli Stati Uniti, per esempio, il Census Bureau ha evidenziato che si vive di più insieme, forse anche per sopravvenute questioni di solidarietà sociale: nel 2000, il 10,7% degli uomini e il 14,8% delle donne viveva per conto suo. Nel 2010, la percentuale degli uomini è aumentata di appena lo 0,9%, mentre quella delle donne è diminuita, attestandosi al 14 per cento.

Coldiretti: chi sta da solo spende il 71% in più per il cibo
Da non sottovalutare, infatti, sono anche le implicazioni sul budget dei single. Coldiretti dice che chi vive da solo spende «per gli acquisti alimentari il 71% in rispetto alla media delle famiglie (compsiti da 2,5 persone), 320 euro contro 187 al mese». Il fatto è che i formati da single, le cosidette monoporzioni, costano molto di più di quelle più abbondanti, e poi si spreca di più, «perché è più facile, per la confezione di latte aperto, la mozzarella, la confezione di insalata aperta, i tortelloni iniziati rimanere in fondo al frigorifero ed essere inesorabilmente gettati nella pattumiera». Evento sempre più comune nelle sempre più piccole cucine d'Italia.

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