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Borse in caduta (-20%) nel 2016? Cosa dicono 30 anni di…

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STUDIO JP MORGAN CHASE

Borse in caduta (-20%) nel 2016? Cosa dicono 30 anni di correlazione col petrolio

La probabilità di un 2016 con un “mercato orso” (cioè in calo di almeno il 20%) stimata dalle quotazioni implicite delle opzioni è di circa il 25%, ha rivelato in uno studio dei giorni scorsi Marko Kolanovic, Global Head of Derivative and Quantitative Strategies di JPMorgan Chase & Co. L’analista croato, lo ricordiamo, era stato uno dei pochi a prevedere il crollo delle Borse cinesi lo scorso agosto: da qui il soprannome di “Gandalf” coniato da Bloomberg. E ora in pratica quest’uomo ci dice che, secondo complesse (e mutevoli) dinamiche dei derivati finanziari, c’ è una probabilità su quattro che quest’anno il mercato giri con decisione verso il basso. Ma c’è di peggio. In realtà secondo Kolanovic le probabilità di vedere un 2016 “al ribasso” sono ben più del 25% stimato dalle opzioni. «Fermo restando che non c’è modo di predire un mercato orso, guardando ai vari scenari la probabilità di un “bear market” potrebbe essere il doppio di quanto stimato dalle opzioni», spiega l’analista di Jp Morgan Chase. Per quali motivi?

Un ciclo “toro” dalla lunga vita
L’analisi di “Gandalf” parte dagli ultimi cinquant’anni di analisi sull’indice S&P500. Dei 19 cicli identificati, i dieci al rialzo sono durati in media 4,3 anni regalando ritorni del 90%, mentre le nove fasi di ribasso hanno avuto una vita media di 1,1 anni con perdite del 33%. «L’attuale fase di rialzo ha ormai 6,5 anni di vita e ha portato a ritorni pari al 205% circa», nota Kolanovic, aggiungendo che solo una volta nell’ultimo mezzo secolo si è assistito a un ciclo più lungo. E’ stato quello verificatosi tra il 1990 e il 1998: una lunga fase “toro” terminata, guarda caso, con una crisi di Asia e Paesi emergenti e un drastico calo dei prezzi del petrolio.

La fase espansiva è matura?
La durata e l’estensione di una fase “toro” (al rialzo), spiega “Gandalf”, è profondamente correlata all’estensione e alla durata della fase “orso” (al ribasso) che l’ha preceduta. Da questo punto di vista, l’ampiezza della fase espansiva in corso è in linea con la profondità della correzione verificatasi nel 2008-2009. «In altre parole, se il mercato “toro” che dura da 6,5 anni terminasse adesso, ed entrassimo in una fase “orso”, saremmo perfettamente in linea con la media dei trend storici», spiega ancora Kolanovic. Del resto, cali record come quelli di questo gennaio non si verificavano da decenni. E se davvero il 2016 fosse un anno “orso”, con un calo del 20% delle Borse, secondo Kolanovic non resterebbe che incrementare la liquidità (che ha correlazione zero con gli asset rischiosi, come l’azionario) o l’oro (che di recente ha sfoggiato una correlazione inversa con gli asset rischiosi). Ma torniamo all’analisi di “Gandalf” soffermandoci sul fattore petrolio.

I segreti della correlazione tra Borse e petrolio
Sempre ragionando in termini di analisi statistica, Kolanovic spiega come nel lungo periodo esista una correlazione positiva tra Borse e petrolio: questo significa che, di solito, i due asset tendono a salire e a scendere assieme. Negli ultimi trent’anni, le divergenze tra i prezzi dei due asset (per esempio il petrolio che scende mentre la Borsa sale) si sono “ricomposte” in un lasso di tempo relativamente breve. Attenzione però, perché l’attuale sottoperformance del greggio rispetto a Wall Street non solo è molto profonda, ma è anche la più lunga della storia, probabilmente grazie alla rivoluzione dello shale gas & oil. «E dato che divergenze di queste dimensioni si sono sempre chiuse in passato, crediamo che anche stavolta una chiusura del gap tra l’andamento del petrolio e delle Borse sia probabile», sottolinea Kolanovic. E in effetti, la correlazione tra azionario e petrolio è tornata a essere molto stretta solo da inizio gennaio, quando entrambi gli asset hanno iniziato a precipitare assieme.
Il tutto, secondo “Gandalf”, può avvenire in due modi: o scendono le Borse (non dimentichiamo che spesso un calo del prezzo del petrolio anticipa le recessioni, come avvenuto nel 2008) o sale il greggio (per tensioni geopolitiche o semplicemente perché la speculazione si ridimensiona). Al momento, le opzioni prezzano in modo molto tiepido lo scenario di un rimbalzo del petrolio combinato a un calo delle Borse, assegnandogli solo un 3% di possibilità. Ma secondo Kolanovic, che peraltro forse sottovaluta il fattore shale, le possibilità sono molte di più. Vedremo chi ha ragione.

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