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Questo articolo è stato pubblicato il 05 dicembre 2013 alle ore 22:57.
L'ultima modifica è del 06 dicembre 2013 alle ore 10:59.

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Nelson Mandela, la leggenda che ha sconfitto l'apartheid, è morto ieri sera a 95 per entrare dritto nella storia. Il presidente sudafricano Jacob Zuma, vestito di nero, il volto tirato, ha annunciato in un discorso televisivo la scomparsa di Madiba per il quale «il mondo intero avrà grande gratitudine per sempre».

Il lutto nazionale, le bandiere a mezz'asta, i funerali di Stato, gli onori che i sudafricani si apprestano a tributare a Mandela, le parole addolorate dei leader del mondo vanno, una volta tanto, oltre i riti di circostanza per l'uomo che dopo ventisette anni passati nelle galere del regime segregazionista bianco non ha mai pronunciato la parola vendetta. E ha fatto della riconciliazione, forse non riuscita fino in fondo ma caparbiamente voluta e cercata, il filo rosso della sua vita.

Era da tempo che non si vedeva più, che l'uomo stimato anche dai nemici non parlava nelle manifestazioni pubbliche e dagli schermi Tv. Ma per i molti nati dopo la fine del razzismo di stato e per quelli che ricordano i tempi dei ghetti, del massacro a Soweto nel 1976, delle lotte dell'African National Congress, l'immagine di Mandela è impossibile da cancellare. Con il peso della sua grandezza, ma anche con la sua ironia e quel filo di civetteria delle camicie disegnate per lui dallo stilista ivoriano Pathè O.

«Un eroe per il mondo». Così lo definì Barack Obama. Strano destino quello di Nelson Mandela, leader dal carisma globale che nonostante il ruolo di padre della patria e di primo presidente, dal 1994 al 1999, del Paese liberato dall'apartheid, ben poco ha viaggiato oltre i confini del suo amato Sudafrica. A pochissimi, e il pensiero corre inevitabilmente a Gandhi, a Gorbaciov o Madre Teresa, il privilegio di guadagnare come lui il rispetto e la stima del mondo intero.

Nelson Rolihlahla Mandela nasce nella tribù Thembu il 18 luglio 1918. Studia nelle scuole riservate agli studenti neri e si laurea in giurisprudenza. Nel 1944 diventa membro dell'Anc (African National Congress) ed inizia a condurre campagne non violente contro l'odioso regime segregazionista dell'Apartheid. Con il suo amico e avvocato Oliver Tombo da vita allo studio legale che assiste gratuitamente molti neri disagiati. Nel 1960 la svolta che segna per sempre la sua vita: Il regime di Pretoria, nel massacro di Shaperville, elimina molti militanti dell'ANC. L'African National Congress è dichiarato fuorilegge e a Mandela, sfuggito alla strage, non resta che darsi alla macchia dando vita ad un'organizzazione militarista con lo scopo di mettere alle corde il regime con azioni di guerriglia e sabotaggi.

Arrestato nel 1963, è condannato all'ergastolo. Resterà in carcere per quasi ventisette anni, fino al 1990. Anche in carcere, proprio il grido Nelson Mandela Free incarnerà la lotta contro l'apartheid. Mandela è un simbolo e il regime, sapendo di non poterlo eliminare senza scatenare rivolte e la protesta delle organizzazioni internazionali, nel 1985, gli offre la libertà in cambio della rinuncia alla lotta. Lui rifiuta, resta in carcere e già entra nella Storia. Nel 1990 le pressioni internazionali e l'isolamento del regime segregazionista costringono Pretoria alla sua liberazione. Un anno dopo è eletto presidente dell'Anc, nel 1993 gli viene conferito il premio Nobel per la pace insieme al suo predecessore, il bianco presidente Frederik Willem de Klerck. Nel 1994, durante le prime elezioni libere del suo paese viene eletto Presidente della Repubblica del Sudafrica, lo sfidante De Klerck è il suo vice. Resterà in carica per cinque anni.

Nel 2004, ad 85 anni, annuncia il suo ritiro dalla vita politica, anche se poco dopo si recherà a Bankok per intervenire all conferenza internazionale sull'Aids, vera piaga africana che durante gli anni della sua azione di governo lui stesso riconosce di aver colpevolmente sottovalutato. Il 27 luglio del 2008, proprio nel segno della lotta alla malattia sarà a Londra, che ad Hyde Park, in con un concerto memorabile, festeggia i suoi novanta anni. Nel 2010 i mondiali di calcio, da lui fortemente voluti, lo raggiungono in Sudafrica. Un lutto gli impedirà di partecipare all'inaugurazione, ma lui non farà mancare il suo inconfondibile e rassicurante sorriso alla cerimonia di chiusura dell'appuntamento calcistico, alla sua prima in suolo africano.

La sua casa di Soweto è oggi sede del Mandela Family Museum. Ma noi come, a molti sudafricani piace ricordare Madiba, questo è il nomignolo affettuoso con cui è noto fra i suoi connazionali , a bordo della Mercedes Amaranto, targata 999 NRM GP, che gli operai del sobborgo di Mdantsana assemblarono nelle ore di libertà per fargliene dono. Quell'auto ora è in una sala dell' Apartheid Museum di Johannesburg, simbolo della gratitudine che i neri del Sudafrica e il mondo intero debbono per sempre a questo testimone dei diritti, senza colore di pelle, di libertà e uguaglianza. E perciò, ovunque e per sempre, Nelson Mandela Free.

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