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La realtà virtuale del dato

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La realtà virtuale del dato

Prendiamo tre esempi: Big data, Virtual reality (Vr) e Augmented Reality (Ar). Sono tecnologie candidate a cambiare il futuro. Da sempre Gartner le ha rappresentate graficamente su una curva per descriverne maturità, adozione e applicazioni. Frequentemente gli analisti di cose hi-tech le descrivono accompagnate da numeri per apprezzarne le dimensioni di business. Più raramente anzi quasi mai si analizzano per quello che sono e per quello che realmente sono potenzialmente in grado di generare. Pensiamo a due dei più luminosi e chiacchierati trend di questi anni. I big data e la realtà virtuale. I primi sono più che la “nuova eterna promessa” dell'industria, un rompicapo degno della prima stagione di Lost. Il potenziale di valore e significato per università e imprese dall'elaborazione di grandissime quantità di informazioni non è in discussione.

Tuttavia, le best practice descrivono Roi e risultati molto al di sotto delle aspettative. La realtà virtuale come prodotto di elettronica di consumo e quindi alla portata delle famiglie è invece quasi tangibile. L'anno prossima debutta Oculus, a ruota seguiranno gli altri. Il successo commerciale di questi prodotti dipenderà molto dal prezzo ma la magia di questa nuova tecnologia per l'intrattenimento è indiscutibile. Ecco perché le due cose possono andare insieme. I visori per la realtà virtuale possono diventare la data visualization dei big data. Si può immaginare di immergere il manager, l'analista o il data scientist in un ambiente digitale in 3D. Ci stanno lavorando Darpa con il laboratorio di Human interface technologies di Wahshigton, 16 università europee con il progetto Ceeds , la divisione software di Ge e un gruppo di ricercatori alla Caltech University che sperimenta metodi di visualizzazione “immersiva” dei Big data.

Epic Games (quelli del motore grafico di videogiochi Unreal), in collaborazione con il Wellcome Trust, un ente di beneficenza ricerca biomedica con sede a Londra, ha concluso il Big Data VR Challenge, assegnando 20milla dollari a LumaPie. Questo team internazionale ha creato una visualizzazione dei risultati dello studio di fattori ambientali e genetici che hanno interessato la vita di più di 14mila abitanti della città di Bristol.

Per quanto suggestiva, l'idea che basti visualizzare i big data in un ambiente digitale 3D per estrarre valore o significato è ottimistica. E non fa i conti con la complessità statistica della forma con cui viene analizzato il flusso di informazioni. Per provare a mettere ordine serve matematica e tanta potenza di calcolo. La prima è espressione dell'ingegno, la seconda è correlata alla disponibilità finanziaria. L'analisi che manca è la capacità di mettere in relazione i trend, calcolare le connessioni, disegnarle e valutare il potenziale di business.

Articolo su Nova24 di domenica 7 settembre

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