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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2012 alle ore 08:36.

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UniCredit chiude il maxi aumento di capitale con il pieno di adesioni. L'interesse diffuso di retail e investitori istituzionali, il sostegno dei soci stabili e l'interesse del mondo imprenditoriale ha garantito alla banca di piazza Cordusio di portare a termine la ricapitalizzazione da 7,5 miliardi, complessa per dimensioni e tempistica, con risultati superiori alle attese.

L'operazione, che ha visto a capo del consorzio Bofa Merrill Lynch UniCredit e Mediobanca, ha registrato oltre il 99,8% delle adesioni pari a 7,48 miliardi di euro, battendo le previsioni più ottimistiche. «La partenza è stata dura, ma è fatta», ha dichiarato l'amministratore delegato Federico Ghizzoni.
Ieri, nell'ultimo giorno dell'aumento e in un mercato in calo generalizzato, il titolo ha segnato un ribasso del 4,5%. Ma al termine della ricapitalizzazione il bilancio delle quotazioni è positivo: dal minimo del 9 gennaio, primo giorno di stacco dei diritti, le azioni hanno guadagnato il 60%. Non solo. Prendendo come riferimento il giorno in cui sono stati resi noti i termini e il prezzo dell'aumento di capitale, il titolo a fine operazione ha registrato una performance positiva dell'11,4%, dato che rappresenta una eccezione se si guarda l'andamento delle quotazioni degli altri titoli bancari sotto aumento di capitale (Bpm era scesa del 47% e Intesa Sanpaolo del 6,6%).

In questo quadro l'azionariato della banca, se si guardano i maxiblocchi, ovvero retail, soci storici e investitori istituzionali, resta più o meno stabile, con variazioni che dovrebbero interessare pochi punti percentuali (si parla di una discesa dal 38 al 36%). Ma se si esaminano poi i singoli nuclei azionari, le novità non mancano. A parte il retail, che dovrebbe attestarsi intorno al 20-22% (come prima dell'aumento), le modifiche più importanti coinvolgono i soci stabili e gli istituzionali.
Tra i soci stabili si registra la diluizione di qualche punto percentuale di Fondazioni, assicurazioni e banche (complice la mancata sottoscrizione di Fondiaria Sai e Aviva) e fondi sovrani, mentre a sorpresa guadagna qualche punto percentuale il mondo degli imprenditori privati.

Proprio qui, infatti, si è venuto a formare un nuovo nucleo azionario che è andato ad affiancare storici imprenditori soci di UniCredit. Compaiono così Diego Della Valle, patron di Tod's, che avrebbe sottoscritto una partecipazione di poco inferiore all'1%, così come Francesco Gaetano Caltagirone, che avrebbe raccolto all'incirca la stessa quota di Della Valle. E ancora, Leonardo Del Vecchio, che secondo quanto riportato ieri da Radiocor, ha arrotondato la propria quota nel capitale della banca all'1% rispetto allo 0,5% in portafoglio in precedenza. Gli ultimi giorni hanno poi visto De Agostini sottoscrivere i diritti collegati ai cashes per lo 0,11% del capitale e sempre tra i privati sono arrivate le conferme della famiglia Maramotti (diluita sull'1%) e dei Pesenti (scesi allo 0,3%). Quanto basta per controbilanciare la leggera diluizione subita dalle Fondazioni dove le scelte di Cariverona (scesa dal 4,2% al 3,51%) o le difficoltà di qualche ente minore come Manodori o Bds, ha portato il blocco a scendere intorno all'11-12% dal 14%.

«Non credo che cambi nulla per quanto riguarda il ruolo delle fondazioni», ha osservato Andrea Comba, presidente della Fondazione Crt, aggiungendo sul nuovo assetto azionario «Sono favorevole per una pluralità di soci». Infine, nei fondi sovrani si diluiscono Lia (1,8%) e Central Bank of Libia (2,9%), mentre Aabar si rafforza (5%) e posizioni sotto il 2% vedrebbero anche la presenza di Norges Bank e Singapore.
Altrettante variazioni, più di natura «qualitativa», si possono leggere nel mondo degli investitori istituzionali con un aumento di peso degli investitori su posizioni long rispetto agli hedge. Quanto alla provenienza geografica si sarebbe invece rafforzata la componente anglosassone con posizioni importanti costruite dagli americani di Capital Research (5,4%) e Blackrock (3%).

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