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Questo articolo è stato pubblicato il 08 febbraio 2015 alle ore 08:14.

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IL TIMING

Il via libera di Palazzo Chigi

consentirà agli operatori

di prenotare entro il 31 marzo gli interventi per i quali

richiedere le agevolazioni

MILANO

Mappa delle aree in cui sarà possibile investire che è ormai pronta; Piano nazionale per la banda ultralarga varato in via definitiva dal Consiglio dei ministri entro fine mese al più tardi; misure allo studio per incentivare non solo la dotazione infrastrutturale, ma anche la domanda di servizi attraverso la fibra.

È attorno a questi tre pilastri che si snoda lo stato di avanzamento del programma del governo per tirare l’Italia fuori dalle secche di un endemico (e più che mai preoccupante) ritardo digitale. Le speranze in tal senso sono riposte nel Piano banda ultralarga del governo, arrivato all’ultima curva prima dell’avvio operativo – che arriverà dopo il via libera del Consiglio dei ministri – ora che a disposizione c’è anche la mappatura del Mise, fatta attraverso la sua società in house Infratel. In base a questa mappa, a quanto risulta al Sole 24 Ore sarebbero infatti 96mila le aree bianche (a fallimento di mercato) a 30 e 100 Megabit per secondo (Mbps) individuate come destinatarie di possibili investimenti “agevolati” in modo tale da raggiungere gli obiettivi: entro il 2020 banda ultralarga ad almeno 100 Mbps fino all’85% della popolazione assicurando al resto degli italiani collegamenti da 30 megabit in su. Nessuna conferma dal Mise sui numeri, ma con 96mila aree a disposizione c’è insomma una torta che per gli operatori pronti a scommettere (mettendo ovviamente le mani nel portafogli) si prospetta decisamente ampia quanto a dimensioni, ma anche a possibilità. Del resto la mappa è stata particolarmente dettagliata proprio per permettere anche ai piccoli operatori di partecipare al banchetto degli investimenti agevolati nelle aree bianche.

Alla base della strategia del governo c’è un mix di agevolazioni che possono essere messe in campo per favorire l’”offerta” di infrastrutture digitali: da garanzie sul debito e credito d’imposta (al 50% come già previsto dall’articolo 6 dello Sblocca Italia), fino al fondo perduto e all’intervento diretto, a seconda della dotazione infrastrutturale che ha permesso una categorizzazione del territorio nazionale in 4 cluster. Il via libera definitivo di Palazzo Chigi sbloccherà tutto il meccanismo e permetterà agli operatori di partire con le prenotazioni delle aree nelle quali c’è l’interesse a investire. Cosa che dovrà avvenire entro il 31 marzo. Ci sarà tempo poi fino al 31 maggio per presentare i progetto che andranno approvati, o meno, entro il 15 giugno.

Si attende quindi solo questo passaggio in Consiglio dei ministri del Piano che è stato in consultazione pubblica dal 20 novembre al 20 dicembre. Al Mise si sono tenuti incontri con tutti gli operatori tlc e alla fine sono arrivati da tutti gli stakeholder complessivamente 350 contributi in termini di pareri e idee. Il varo del Consiglio dei ministri, che renderà il Piano impegno vincolante nei confronti della Ue, avverrà dunque entro fine mese, preceduto dal preventivo vaglio “informale” di Bruxelles. Un ping pong, quello con gli uffici della Commissione Ue tutto giocato sul tema dei meccanismi di incentivazione.

Certo, non va dimenticato che di tutto questo si parla mentre i numeri del ritardo digitale dell’Italia pesano come macigni. Secondo gli ultimi dati disponibili di fonte europea, l’Italia infatti insegue sia come copertura con la banda larga ad almeno 30 Mbps (21% delle abitazioni contro 62% europeo), sia nelle penetrazioni: la banda larga ultra-veloce ad almeno 30 Mbps in Italia è utilizzata da meno dell’1% della popolazione contro una media europea del 6 per cento. L’eco del problema si è sentita addirittura nelle parole del neo presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che nel suo discorso di insediamento ha fatto cenno al digital divide, definendolo non compatibile con la Costituzione. Anche per questo il governo vuole ora andare spedito su un Piano che prevede un utilizzo di risorse pubbliche superiore ai 6 miliardi, ma che deve fare i conti anche con una dotazione di contributi pubblici che – per paradosso – rischia di essere in eccesso per l’obiettivo dei 30 Mbps nelle regioni del Centro-Sud (in particolare Sicilia, Puglia e Campania) e insufficienti per alcuni territori del nord (per esempio Piemonte e Veneto).

Nel frattempo, c’è un altro filone di discussione che sta avanzando all’interno del “pensatoio” per il piano banda ultralarga che vede la partecipazione del vice-segretario generale alla Presidenza del consiglio Raffaele Tiscar, del sottosegretario per le Comunicazioni Antonello Giacomelli, del presidente della Cdp (nonché presidente di Metroweb) Franco Bassanini, e dei consulenti governativi Andrea Guerra e Yoram Gutgeld. In particolare quest’ultimo sarebbe il più convinto sostenitore di misure di incentivazione per la domanda, senza concentrarsi solo sull’offerta e quindi sulla dotazione infrastrutturale. Consumatori e telco, ovviamente, ringrazierebbero.

.@An_Bion

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