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Questo articolo è stato pubblicato il 31 dicembre 2014 alle ore 09:40.
L'ultima modifica è del 31 dicembre 2014 alle ore 11:03.

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Un comune equivoco sull’area dell’euro scaturisce dal fatto che si tratta di un’unione monetaria senza un’unione politica. Ma ciò riflette un profondo fraintendimento del significato di “unione monetaria”. L’unione monetaria è possibile solo grazie al considerevole grado di integrazione raggiunto dai paesi dell’Unione europea, reso ancora più profondo dalla condivisione di una moneta unica.

Se l’unione monetaria europea ha dimostrato maggiore tenuta di quanto ritenessero molti è soltanto perché coloro che nutrivano dubbi al riguardo hanno giudicato erroneamente questa dimensione politica. Hanno sottovalutato quanto i suoi membri fossero legati, quanto avessero investito collettivamente e quanto fossero disposti a risolvere insieme problemi comuni nei momenti di maggiore necessità.

È chiaro, però, che la nostra unione monetaria è ancora incompleta. Questa era la diagnosi formulata due anni fa dai “quattro presidenti” (il presidente del Consiglio europeo in stretta collaborazione con i suoi omologhi della Commissione europea, della Banca centrale europea e dell’Eurogruppo). Certo, in alcuni ambiti sono stati conseguiti progressi importanti, ma in altri resta ancora del lavoro da fare.

Ma che cosa significa “completare” un’unione monetaria? Significa principalmente creare i presupposti affinché i paesi, entrandone a far parte, raggiungano una maggiore stabilità e prosperità. Devono trovarsi in condizioni migliori aderendovi anziché restandone fuori.

In altre unioni politiche la coesione è mantenuta da una forte identità comune, ma spesso anche da trasferimenti di bilancio permanenti tra regioni più ricche e regioni più povere, i quali uniformano il livello dei redditi ex post. Nell’area dell’euro tali trasferimenti unidirezionali tra paesi non sono previsti (esistono nell’ambito della politica di coesione dell’Ue, ma hanno un’entità limitata e sono in prevalenza destinati a favorire il processo di recupero del divario nello sviluppo economico di paesi o regioni a più basso reddito). Abbiamo quindi bisogno di un approccio diverso per assicurare che ogni paese stia meglio all’interno dell’area dell’euro in maniera permanente.

Ne derivano due implicazioni principali. La prima è che bisogna creare le condizioni affinché tutti i paesi possano prosperare in modo indipendente. Tutti i membri devono essere in grado di sfruttare i vantaggi comparati all’interno del mercato unico, attrarre capitale e generare posti di lavoro. Devono inoltre essere sufficientemente flessibili da reagire con rapidità agli shock a breve termine. In definitiva, occorrono riforme strutturali che stimolino la concorrenza, riducano il carico superfluo della burocrazia e rendano i mercati del lavoro più adattabili.

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