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Questo articolo è stato pubblicato il 07 gennaio 2014 alle ore 16:18.
L'ultima modifica è del 07 gennaio 2014 alle ore 16:36.

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La burocrazia, dice il Consiglio regionale della Lombardia, sta «penalizzando» l'esportazione di armi italiane. Soprattutto dopo l'entrata in vigore di un regolamento europeo che, dal 2012, stabilisce modalità uniformi per il rilascio delle autorizzazioni per l'export di armi a uso civile (non quelle per usi militari o da collezione), fuori dall'area doganale Ue.

Regolamento che, applicato ai meccanismi nostrani, ha finito per allungare le procedure. Così l'Aula del Pirellone, come primo atto del 2014, ha approvato una mozione del centrodestra che chiede alla giunta di Roberto Maroni di convincere il governo a non applicare quel regolamento Ue alla lettera - il quale peraltro si ispira a indicazioni dell'Onu sulla tracciabilità delle armi da fuoco contro il mercato illegale -, favorendo anche l'apertura di sportelli decentrati per espletare le pratiche. «Quello che decide il Consiglio, per me è Vangelo, quindi daremo attuazione immediata», la promessa del governatore leghista.

Il documento in verità è passato, a maggioranza, non senza contorno di polemiche sull'opportunità di dare un sostegno politico tanto esplicito ai produttori: «Fuori le lobby delle armi dal Consiglio regionale», era scritto sulle t-shirt indossate per protesta dai 9 consiglieri del Movimento 5 Stelle, primo brivido dell'anno per i fotografi accreditati a palazzo.

La mozione porta la prima firma del consigliere leghista Fabio Rolfi ed è tutta, o quasi, targata centrodestra. C'è anche la firma di un consigliere del Pd, Corrado Tomasi, che ha creato un piccolo caso politico nel suo schieramento. Ma soprattutto è una mozione con forte baricentro bresciano, provincia «in cui - spiega Rolfi - nella sola Val Trompia ci sono oltre 100 aziende del settore con 3.000 dipendenti». «Vorrei sottolineare due aspetti - aggiunge l'esponente del Carroccio -. In primo luogo si parla di armi da caccia, a uso sportivo e per difesa personale, che nulla hanno a che fare con le armi da guerra. In secondo luogo è bene tenere a mente le cifre: il 90% di questi prodotti è destinato all'esportazione».

Questione economica, dunque, per gli estensori della mozione, che chiedono di non penalizzare chi esporta, ed esporta bene, in questo periodo di crisi e potrebbe vedersi superato dai concorrenti di altri Paesi europei in cui la macchina burocratica è più snella. Rolfi sostiene che con l'entrata in vigore del regolamento Ue, chi vuole esportare deve presentare una documentazione di «87 pagine al posto di 12». E l'autorizzazione «deve arrivare dal solo ministero dell'Interno» e non più dagli uffici territoriali del governo.

Dai 5 Stelle, invece, una lettura diversa. «Più armi da fuoco produciamo, più conflitti e repressione dei governi ci saranno», sostiene il consigliere Giampietro Maccabiani, secondo la quale la mozione approvata dal Consiglio lombardo «a un chiaro interesse lobbistico che va a favorire chi costruisce strumenti di morte, mentre chi produce armi avrebbe bisogno di maggiore controllo e burocrazia».

E poi, sottolinea l'esponente del movimento di Grillo, c'è una questione formale insormontabile: «La mozione chiede di intervenire per modificare normative nazionali di recepimento di un regolamento comunitario, ma come tutti dovrebbero sapere i regolamenti vanno applicati e non recepiti come le direttive».

Fuori dal Pirellone, in mattinata era stata annunciata anche una manifestazione di protesta da parte di sigle antagonistre, ma a parte un massiccio schieramento delle forze dell'ordine, poco si è visto.

Fra i bersagli politici della discussione, il Pd bresciano Tomasi, unico esponente dell'opposizione a votare a favore della mozione per difendere «un settore di eccellenza» dell'economia lombarda.

«Sono stupito dalla demagogia dei consiglieri del Movimento 5 Stelle che pur di cavalcare una parte dell'opinione pubblica trasformano strumentalmente questa mozione in una discussione pro o contro le guerre, che non c'entra nulla - ha affermato in Aula - non ho contatti con i produttori di armi, per dieci anni sono stato con la Caritas in missioni umanitarie nei teatri di guerra e un uomo che ammiro è sicuramente Gino Strada. Se c'è un'attività delle lobbies delle armi non mi riguarda minimamente e non riguarda questa mozione».

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