Finanza & Mercati

Le Borse brindano al Qe. Euro verso la parità sul dollaro. Debole…

  • Abbonati
  • Accedi
DAX DA RECORD

Le Borse brindano al Qe. Euro verso la parità sul dollaro. Debole Wall Street

Terza seduta di contrattazioni oggi insieme al Qe di Mario Draghi. Le Borse europee hanno chiuso in rialzo. In particolare i listini hanno accelerato anche grazie alle parole del presidente della Bce che, rispetto ai timori della crisi greca, ha indicato come il programma di acquisti di titoli Stato permetta di evitare il contagio con il resto dell’Eurozona. Oltre che di «sostenere la ripresa nell’area dell’euro». Per il secondo giorno di fila invece Wall Street ha chiuso in ribasso, complice ancora una volta il rally del dollaro e dalle preoccupazioni per un rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve.

Asta BoT e Shatz: rendimenti in calo
In generale, comunque, sul fronte del reddito fisso si assiste allo schiacciamento dei rendimenti. In mattinata il Tesoro ha venduto tutti i 6,5 miliardi del BoT a 1 anno, con un tasso allo 0,079% nuovo minimo record. Si tratta di un rendimento che, tenendo conto dei costi massimi applicati dalle banche, scivola in territorio negativo. Secondo i calcoli di Assiom-Forex, riportati da Radiocor, applicando le commissioni bancarie massime, il rendimento netto del BoT annuale è negativo e pari ad un rosso di 0,078%. A ben vedere è una novità assoluta per i titoli di Stato italiani. Questa considerazione, però, è solo teorica. Il «Decreto per la trasparenza nel collocamento dei titoli di Stato», infatti, chiarisce che proprio nel caso in questione la commissione deve essere ridotta in modo tale da non avere una spesa «superiore a 100 per ogni 100 euro di capitale sottoscritto».

Ma non è solo l’Italia: la Germania ha collocato 4,09 miliardi di titoli a 2 anni con un rendimento lordo negativo dello 0,24% (era stato -0,22% nel febbraio scorso).

Al di là delle aste il tasso del BTp trentennale, dal canto suo, è andato per la prima volta sotto la soglia del 2%. La scadenza del decennale ha chiuso invece intorno all’1,12%. Lo spread nei confronti del bund punti base, dal canto suo, si è assestata a 91 punti base. Cioè, in calo ma non più di tanto. Il motivo? Il rally dello stesso bund. Il decennale tedesco, infatti, ha ormai un rendimento praticamente inesistente a circa lo 0,21%.

Il valore del differnziale di Roma è comunque inferiore a quello di Madrid. L’emissione decennale spagnola, infatti, ha archiviato la seduta con un rendimento intorno all’1,14%. Il che implica lo spread più alto.

Dai Paesi periferici dell’Eurozona alla Francia. Qui l’ Oat francese a 10 anni è in rialzo. Martedì il suo tasso si era assestato allo 0,41%. Oggi ha chiuso intorno allo 0,43%. Di nuovo, si tratta di rendimenti molto bassi. Tutti yield che, in generale, sono conseguenza dell’attività di shopping da parte delle banche centrali dell’Eurosistema.

Shopping da cui, fin qui, è esclusa la Grecia. La curva dei rendimenti ellenica per tutta la giornata è rimasta con una «conformazione» rischiosa. Il tasso della scadenza a 1 mese è intorno al 7,9%; quello a 2 anni è oltre il 14,8% mentre il 10 anni vanta un rendimento del 10,7%. Insomma, il mercato continua ad indicare il suo scetticismo rispetto alla soluzione del problema legato ad Atene. Seppure, quest’oggi la Grecia è riuscita a collocare tutti gli 1,3 miliardi di titoli a 3 mesi previsti. Il rendimento è salito al 2,7%, cioè 20 punti base in più rispetto all’ultima asta di febbraio. Tuttavia, la domanda è stata di 1,3 volte l’offerta. Inoltre, il rendimento sul secondario della stessa scadenza è molto più alto (5,4%).

L’euro «flirta» con la parità verso il dollaro
Ma non è solo il debito pubblico. Altro settore su cui l’allentamento quantitivo produce i suoi effetti è quello delle valute. Ebbene, a fronte delle prospettive di stretta monetaria negli Stati Uniti, il dollaro sale contro l’euro. La divisa unica, infatti, è ormai a contatto della parità verso il biglietto verde. Qui, peraltro, può notarsi la «stranezza» di molti commentatori e giornali che parlano di debolezza dell’euro. Certo, il calo rispetto al valore di 1,20 di inizio anno (oppure dell’1,40 di inizio autunno) è ampio. Tuttavia l’attuale quotazione, anche al netto della divergenza delle politiche monetarie tra Fed e Bce, riflette maggiormente la reale consistenza dei fondamentali delle due aree economiche (Usa e Eurolandia). In realtà, era l’euro ad essere un po’ di tempo fa eccessivamente forte. E adesso, quindi, non può definirsi debole.

© Riproduzione riservata