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Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2013 alle ore 15:06.

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Regole certe per evitare il conflitto, «che dovrebbe rappresentare l'ultima ratio del confronto sindacale». Stefano Dolcetta, vice presidente di Confindustria per le relazioni industriali, approfondisce la portata dell'accordo «storico» sulla rappresentanza. Un traguardo e contemporaneamente un punto di partenza: bisogna avviare la misurazione, le categorie dovranno definire nei contratti le conseguenze di eventuali inadempimenti e le procedure di raffreddamento.

Ma la firma segna comunque una svolta nelle relazioni sindacali.

Quali sono i punti chiave dell'intesa?
L'accordo è diviso in due parti fra loro collegate: misura della rappresentanza e regole per dare esigibilità ai contratti. L'esigibilità è il punto chiave e il principio delle decisioni "a maggioranza" lo sorregge. La novità è qui: i contratti nazionali di lavoro sottoscritti da sindacati che abbiano un livello di rappresentatività pari almeno al 50%+1, non solo saranno efficaci nei confronti dei lavoratori ma anche pienamente esigibili nei confronti di tutti i sindacati che abbiano accettato le regole.

Insomma, si decide a maggioranza …
Sì, e per dare forza e contenuto a questo principio l'accordo di ieri non solo fissa i criteri per misurare la rappresentatività ma impegna i contratti nazionali a definire procedure per prevenire i conflitti e sanzioni per la violazione degli accordi raggiunti nel rispetto dei principi concordati.

Si è andati oltre la misurazione: si sono create le basi per superare i conflitti?
È presto per dirlo. Tutti dovranno fare la loro parte anche le categorie cui è affidata una parte importante dell'accordo. L'obiettivo comunque è questo. Intanto abbiamo fissato i principi per misurare la rappresentanza sulla base del modello del pubblico impiego. Questo è il primo elemento di grande novità ed il presupposto per andare oltre la rappresentanza, cioè per fissare criteri in base ai quali un contratto diventa esigibile. Vedremo poi se i comportamenti saranno coerenti.

È la prima volta che si definiscono regole per rendere i contratti esigibili e vincolanti: si eviteranno azioni legali?
L'obiettivo a cui tendere è la prevenzione del conflitto che dovrebbe rappresentare l'ultima ratio del confronto sindacale. In questo senso l'accordo dà un segnale importante. Certamente non penso possa evitare scioperi e cause legali ma è un passo che aiuta a ridurre il contenzioso. È la prima volta che i sindacati accettano di misurarsi, di rimettersi al principio di maggioranza e, soprattutto, di limitare la propria libertà ed autonomia in ragione del rispetto di questo principio. Mi pare anche un bel segnale aver concordato sulla necessità di avere procedure per raffreddare il conflitto.

Si affronta anche il problema della presentazione delle piattaforme per i rinnovi: si tratta su quella condivisa dal 50 per cento più uno.
Questo è un punto importante. Confindustria vorrebbe arrivare ad un sistema vicino al modello dell'articolo 39 della Costituzione che vorrebbe che i sindacati si "rappresentassero unitariamente" in ragione del proprio peso. Per Confindustria, poter discutere i rinnovi dei contratti nazionali sulla base di una unica piattaforma sarebbe un passo avanti. I sindacati si sono impegnati a favorire che ciò accada. In caso di più più piattaforme, l'accordo dice che ci si confronta sulla base di quella presentata dalla maggioranza.

E chi non ci sta, come la Fiom?
L'accordo, riprendendo quanto già stabilito il 28 giugno 2011, conferma il diritto ad essere ammesso alla trattativa per quei sindacati che abbiano almeno il 5% di rappresentatività. I sindacati esprimono questo concetto dicendo che c'è un "diritto di stare al tavolo". Questo non può significare, però, che tutti abbiano diritto ad avere una "loro trattativa". La trattativa è una sola.

Tutti questi aspetti dovrebbero ridurre i margini di azione della Fiom: basterà?
Non la metterei in questi termini. Questo accordo non è stato fatto né a favore né contro la Fiom. È un accordo che vuole cambiare le regole e dare alle imprese maggiori certezze. Confindustria ha interesse a fare accordi che tutti rispettano. Abbiamo stabilito una regola semplice: misuriamo la rappresentatività e decidiamo a maggioranza. Ma quando la maggioranza ha deciso, la minoranza non ha possibilità di promuovere iniziative, di qualunque genere, a contrasto dell'accordo.

Lei che è anche imprenditore metalmeccanico cosa si aspetta?
Soprattutto rispetto reciproco e rispetto delle regole. È una delle condizioni fondamentali per fare impresa in questo Paese che ha sicuramente dei difetti da correggere ma anche tante energie da indirizzare al meglio. L'accordo non risolve tutti i nostri problemi ma, se lo applicheremo, ci potrà indicare come fare per risolverne qualcuno.

Quanto tempo ci vorrà per applicare le regole?
Ci sono ancora molti aspetti tecnici da risolvere e tutto il meccanismo di rilevazione da definire. Penso che sarà possibile avere i dati sulla rappresentatività nel 2014.

Cosa ha reso possibile oggi un'intesa di questa portata ?
La crisi ha reso evidente la necessità di cambiare registro. Lo scenario economico è completamente cambiato e sarebbe davvero preoccupante se le relazioni industriali non ne avessero tenuto conto. L'accordo è una riforma strutturale del sistema di contrattazione per rendere più solida anche la ripresa. C'è necessità di riprendere a crescere e per questo serve una maggiore coesione. Questo accordo va in questa direzione.

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