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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2013 alle ore 17:17.
L'ultima modifica è del 01 dicembre 2013 alle ore 14:39.

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Joe Biden (Ap)Joe Biden (Ap)

NEW YORK – Si tratta di una nuova prova di debolezza di Washington ? O di una dimostrazione della maturita' politica di Barack Obama? Il mondo si interroga dopo l'inattesa richiesta dell'amministrazione Obama alle linee aere americane di informare le autorita' cinesi dei loro piani di volo nella nuova zona di difesa aerea annunciata unilateralmente giorni fa da Pechino. La sensazione generalizzata a Washington, sia al Congresso che fra gli esperti di politica estera è che le potenze straniere, dalla Russia alla Cina, ma anche paesi "nemici", dall'Iran alla Siria alla Corea del Nord, stiano approfittando della debolezza della Casa Bianca per "incassare" quanto piu' possibile nei vari contenziosi aperti in vari teatri globali per migliorare la loro posizione strategica.

Il parziale cedimento americano alle richieste cinesi ha colto di sopresa il governo giapponese guidato dal premier nazionalista Shinzo Abe, determinato a difendere il controllo dell'arcipelgo dalle interferenza cinesi; e la Corea del Sud, che si era unita alla protesta giapponese inviando suoi arei militari nella nuova zona "off limits" proclamata unilateralmente dalla Cina. Proprio dal Giappone, dopo l'annuncio americano, è
partita subito un'offensiva diplomatica contro la Cina: Tokyo ha denunciato l'azione cinese all'Organizzazione per l'Aviazione Civile, un'agenzia delle Nazioni Unite e ha chiesto di verificare che le richieste e le minacce cinesi contro il traffico che sorvola uno spazio aereo che il Giappone considera proprio, non mettano a rischio di attacco i voli civili nella regione. L'agenzia non ha poteri coercitivi ma si tratta pur semper di un segnale forte. Fonti raccolte alle Nazioni Unite spiegano che la reazione giapponese ha una spiegazione di fondo: Tokyo teme che la Cina possa preparare un vero e proprio sbarco negli isolotti, disabitati, per prenderne il controllo definitivo.

I timori giapponesi non sono infondati. L'America di Obama, legata da un trattato di difesa con il Giappone, ha inviato in piu' occasioni segnali quanto meno ambigui ai propri alleati storici. Recentemente a Israele e all'Arabia Saudita quando ha siglato un accordo con l'Iran.

Un accordo che ha come suo punto centrale la rinuncia americana alla pregiudiziale che richiedeva la chiusura degli acceleratori per l'arricchimento dell'uranio in cambio dell'eliminazione anche parziale delle sanzioni. Ma Obama ha perso una partita di leadership in un paio di confronti diretti con Vladimir Putin, e la Russia dilaga: c'e'
Mosca dietro la rinuncia dell'Ucraina all'adesione all'Unione Europea e mesi fa ai margini del vertice di San Pietroburgo, Putin aveva ottenuto il consenso di Obama per un accordo con la Siria che prevede la distruzione dell'arsenale chimico di Damasco.Da allora, la linea americana - Assad se ne deve andare – non si ascolta più.

Sviluppi questi che hanno lasciato gli interlocutori americani con due alternative: o sono stati commessi errori gravi nella preparazione di dossier chiave per la politica estera o l'America continua a cedere su contenziosi chiave per il suo posizionamento strategico. La Corea del Nord ha annunciato ieri l'incriminazione di un veterano americano di 85 anni che si era recato in visita turistica – e nostalgica – nel primo dei "paesi canaglia".

E la Cina procede imperterrita lungo la sua strada per il controllo completo delle isole Senakaku, anzi, Diaoyu. Un confronto che diventa centrale nella valutazione del declino relativo dell'influenza americana in una regione dove un passo indietro e' considerato non un gesto di prudenza, ma un segnale di debolezza su cui si potra' capitalizzare ulteriormente. Per questo occorre conoscere nel dettaglio i termini della partita in corso.

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