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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2012 alle ore 18:12.

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Altro che tagli agli stipendi dei consiglieri. Altro che «abrogazione» delle indennità. La legge approvata all'unanimità martedì sera da 63 consiglieri regionali della Sardegna (alle 21,30 ne mancavano 3), reintroduce dalla finestra tutto quello che i sardi avevano chiesto di lasciare fuori dalla porta con la vittoria dei cosiddetti referendum «anticasta» del 7 maggio scorso. In primo luogo le indennità.

E già monta la polemica, si parla di un «blitz notturno» per «restituirsi gli stipendi». «La norma è stata proposta in Aula dai questori del Consiglio regionale - spiega il vicepresidente Mario Bruno (Pd) - e di fatto riparametra il trattamento dei consiglieri sulla base di una legge del 2004». «Certo, questo tema avrebbe forse richiesto un dibattito più ampio e un provvedimento ad hoc - aggiunge Bruno -. Invece è passato come emendamento a una legge sul personale di alcune agenzie regionali...».

L'«abrogazione» e il referendum
Ma vediamo nel dettaglio di che si tratta. Uno dei quesiti referendari proposti dai Riformatori, prevedeva l'abrogazione dell'articolo 1 della legge regionale sarda (un articolo costruito nel tempo che prevede gli emolumenti per i consiglieri, dall'indennità alla diaria, ai vari rimborsi spese). Alla domanda «Volete voi che sia abrogato l'articolo 1 della legge regionale sarda 7 aprile 1966...?», ben il 97% dei votanti aveva risposto «sì».

Si parla di una spesa di oltre 18 milioni di euro. Tanto valgono le indennità dei consiglieri regionali sardi, in tutto 80 che però a breve verranno ridotti a 60.

Risultato: a partire dalla metà di maggio, con la vittoria del referendum anticasta, per i consiglieri sardi doveva essere tutto «cancellato». Indennità, diaria, rimborsi spese. E pure i gruppi consiliari, visto che anche i trasferimenti delle risorse ai gruppi consiliari vengono parametrati in base alle indennità dei consiglieri. «Provi a telefonare ai gruppi, da un po' di giorni non risponde più nessuno...», dice un consigliere.

«Dopo il referendum, in regione si è creata una situazione quasi paradossale - commenta Giuseppe Cuccu, uno dei questori del consiglio regionale che ha proposto la reintroduzione degli stipendi -: dal 25 maggio, il consiglio regionale sardo non eroga più le indennità, il consigliere non percepisce nulla. Ad esempio non può neanche fare il 730 perché non ha più un sostituto d'imposta..».

E c'è chi da tempo parla di «incostituzionalità» dei quesiti referendari, anche se ad avallarlo è stato l'ufficio regionale nominato proprio dal presidente della Regione. Referendum «incostituzionali», in primis, perché l'indennità dei consiglieri regionali è prevista dall'articolo 26 dello Statuto regionale sardo, che è una legge costituzionale dello Stato.

Riecco lo stipendio
Stipendi «Insomma, a questo punto dovevamo per forza reintrodurre l'indennità dei consiglieri», spiega Giuseppe Cuccu che considera il varo della norma martedì sera come un atto necessario.

Un atto che, di fatto, oltre a reintrodurre le indennità, ne riparametra i criteri. «Alla fine si parla di una riduzione - dice Cuccu - che dovrebbe ammontare a circa 200-300 euro».

Tanto rumore per nulla, dunque? Abrogare «simbolicamente» le indennità per reintrodurle meno di un mese dopo alle 21,30 di un martedì sera? E che dicono i Riformatiori che hanno proposto i referendum?

Stipendi di 15mila euro
«Io non ho approvato la reintroduzione delle indennità, quella sera sono uscito dall'Aula - dice Michele Cossa, del partito dei Riformatori che ha promosso i referndum, e vicepresidente del consiglio regionale -. Il referendum voleva sottolineare un problema, e chiedere che le indennità venissero riparametrate. No, non so esattamentea quanto ammontino le decurtazioni per i consiglieri, attendiamo i calcoli ufficiali. Ci risulta che la decurtazione sia limitata...».

Per intendersi, si tratta di una lieve riduzione (pari a circa 2-300 euro) su uno stipendio lordo di oltre 15mila euro, con un'idennità lorda di oltre 9mila euro, una diaria di circa 3.500 euro e rimborsi spese che si aggirano sui 2.600 euro.

Monta la polemica su Twitter
A gettare acqua sul fuoco delle polemiche è, con una nota ufficiale, anche l'assessore regionale sardo agli Affari Generali e delle Riforme, Mario Floris. «Non c'è stato nessun blitz notturno per "restituirsi" gli stipendi cancellati dall'ultimo referendum. Assemblea costituisce un atto dovuto proprio alla luce dell'esito referendario. «Col referendum - spiega Floris - si è voluto modificare le modalità di calcolo dell'indennità finora stabilita dall'Ufficio di presidenza, e non certo abrogare la norma statutaria, che è legge di rango costituzionale».

A causa del voto in consiglio regionale, su Twitter monta la polemica contro «i consiglieri sardi che si autovotano la legge salvastipendio: sull'hashtag Regionesardegnavergogna si parla di «uccisione della democrazia» in barba ai risultati del referendum. Ed è soprattutto il fatto di avere «infilato il loro aumento in mezzo ad un emendamento che riguardava la salvaguardia di circa 30 precari» - si legge su Twitter - ad infiammare il popolo sardo e, in genere, il popolo del web.

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