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L'obbligo di un rinvio

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IL COMMENTO

L'obbligo di un rinvio

Che cosa insegna la seconda crisi finanziaria e valutaria europea in meno di sei anni? Molto. O quanto meno, molto di più di quella del 2008-2014, quando Commissione e Parlamento europeo, regolatori e autorità monetarie, pensarono bene che per risolvere i problemi dell'euro, stabilizzare il sistema finanziario e rilanciare l'economia , fosse sufficiente una versione tedesca della terapia americana.

Ovvero tassi di interesse a zero e dosi massicce di liquidità per tutti, banche, mercati e titoli di Stato, ma sacrifici, riforme e troika per isolare le economie sane dai rischi di contagio degli Stati indebitati. Ma soprattutto, camicia di forza per le banche, regole di ferro su credito e capitale, procedure contabili e vigilanza unica uguali per tutti e costi di insolvenza girati su investitori e risparmiatori, così da evitare che anche un solo fallimento bancario potesse scaricarsi sulle spalle del contribuente. In sintesi, ecco il bail in, la prima procedura standardizzata di risoluzione bancaria concepita per rassicurare i contribuenti e responsabilizzare clienti e investitori: obiettivi sicuramente meritevoli e condivisibili, ma del tutto irragiungibili e inconcepibili per molti risparmiatori in un'Europa unita dall'euro, ma con 28 diversi mercati bancari, tradizioni e culture del risparmio. Risultato: alla prima emergenza bancaria in Italia, con il bail in neppure in piena efficacia, iil fallimento di Banca Etruria, Banca Marche e altre due piccole banche popolari si è trasformato in una debacle per il Governo, in panico per risparmiatori e clienti, e in un vero incubo per l'intero sistema bancario nazionale, finito al centro delle cronache, delle critiche e delle diffidenze internazionali, fuga dei mercati compresa, come se si trattasse non solo dell'ennesimo problema tutto italiano, ma anche come una minaccia e un cattivo esempio per l'intero mercato continentale.

Oggi, a distanza di appena due mesi dal fallimento delle 4 banche e dopo i danni gravissimi arrecati all'immagine delle banche, alla credibilità del Paese, alla sicurezza del credito e persino a un intero mercato borsistico colpito in poche settimane di polemiche e sospetti da una fuga di capitali che ha ben pochi precedenti, un'altra verità comincia finalmente ad emergere: non solo fu un errore cucire un vestito a taglia unica addosso a sistemi bancari con storia, problemi, struttura e dimensioni profondamente diversi di paese in paese, ma anche averlo fatto senza prima dare il tempo di adeguarsi. Quello che fino a pochi giorni fa sembrava un problema tutto italiano, insomma, sta assumendo dimensioni e portata sistemica, minacciando non solo la sicurezza del risparmio e degli investimenti, ma la credibilità stessa dell'Europa nei confronti dei suoi contribuenti nazionali. Basta guardare agli eventi degli ultimi giorni, dal crollo borsistico di Deutsche Bank per le improvvise paure di insolvenza e di erosione del suo capitale, fino a tensioni crescenti che vanno oltre i confini dell'Eurozona, persino in Svizzera dove il titolo del Credit Suisse è caduto ai minimi di 26 anni.

Che fare, dunque? Innanzitutto è ora di dare pieno sostegno alla richiesta fatta al governo dalla Banca d'Italia: chiedere subito la sospensione di un anno della procedura del bail in modo da dare alle banche che ne abbiano ancora bisogno il tempo di ristrutturarsi, rafforzarsi con fusioni o adeguare il patrimonio per far fronte alle crescenti esigenze di credito di famiglie e imprese senza rischiare rappresaglie speculative o forzature regolatorie.
La tempesta della scorsa estate dalla Cina, i fallimenti, i tassi nuovamente impazziti, le banche e le Borse in caduta libera nei valori e nella fiducia degli investitori internazionali, non sono come la crisi del 2008: qui non si tratta più di correggere abusi e limitare i rischi. Se il bail in non viene sospeso subito per poi essere rivisto in sede europea, non basterà piu regalare liquidità per tutti. Qui il problema non sono gli speculatori, la speculazione ma le distorsioni politiche e le divergenze economiche mai risolte in Europa.

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