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Lupi solitari e foreign fighters, chi sono i combattenti di un terrore…

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la Jihad in casa

Lupi solitari e foreign fighters, chi sono i combattenti di un terrore inafferrabile

Un passaporto siriano e uno egiziano, accanto ai corpi di due kamikaze. Altri tre terroristi identificati come cittadini belgi. Un altro attentatore identificato come un cittadino francese di 20 anni. Particolare sconcertante il fatto che il passaporto siriano apparteneva a un rifugiato siriano registrato il 3 ottobre sull’isola greca di Leros . Un terrorista, dunque, nascostosi tra la folla di disperati in fuga dalla guerra siriana che ogni giorno premono alle frontiere europee. Questi sono finora gli inquietanti indizi da cui si possono cominciare a trarre alcune conclusioni, altrettanto inquietanti.

Il nutrito ed esperto commando di jihadisti (otto sono morti e forse altri sarebbero ancora in fuga) era dunque composto non solo da cittadini francesi, ma anche di altre nazionalità. Alcuni di loro sarebbero foreign fighters.

L’esercito di aspiranti jihadisti partiti dall’Europa per unirsi alle file dell’Isis si sta dunque rivelando una temibilissima arma nelle mani dello Stato islamico. Già nove mesi fa un dettagliato studio condotto dall’International Centre for the Study of Radicalisation and Political Violence (Icrs) parlava di 20mila foreign fighters partiti per la Siria e l’Iraq negli ultimi due anni. Cosa ancor più sconcertante, 4mila provenivano dall’Europa. Non è un caso se alcuni degli attentatori di venerdì erano francesi e belgi. La Francia è il Paese da cui sono partite più persone per arruolarsi nell’Isis(1300-2000). Il piccolo Belgio (450 partenze) il Paese con la più alta percentuale rispetto alla popolazione. «Il conflitto in Siria e Iraq è la più grande mobilitazione di combattenti stranieri in Paesi a maggioranza musulmana almeno dal 1945», aveva laconicamente commentato l’Icrs.

Già in mattinata il presidente francese François Hollande aveva parlato di «atto di guerra preparato. Pianificato dall’esterno con una complicità interna». Fonti dei servizi britannici citate dalla Bbc hanno parlato di una cellula «autosufficiente» dell’Isis formata da reduci dalla Siria.

Se dovessero essere confermate queste notizie l’Occidente deve prendere atto di un grave cambiamento di strategia. Se prima l’Isis preferiva che fossero i cani sciolti ad agire da soli, ora ha intuito un nuovo punto di forza: se guidati, istruiti dalla centrale del terrore, attraverso i suoi tentacoli che arrivano in tutto il mondo, gli attacchi possono essere molto più letali. Soprattutto se, accanto ai cani sciolti, sono condotti da professionisti del terrore (come venerdì) che hanno combattuto in un teatro di guerra così violento come quello siriano e che parlano perfettamente le lingue dei Paesi europei in cui vivono e nelle cui società si sono ben integrati.

Il 26 ottobre, inoltre, un rapporto dell’Intelligence francese diffuso da Radio France Info spiegava un nuovo cambio di strategia dell’Isis: ricorrere ad «attentati trasversali». Vale a dire utilizzando jihadisti francesi in Spagna o in Germania, o combattenti tedeschi o spagnoli in Belgio o in Francia. Insomma mescolare le carte per sfuggire con maggiore facilità ai servizi di sicurezza europei. L’Isis, secondo la radio francese, «scommette infatti sul limitato scambio di informazioni» tra partner europei sui soggetti a rischio. Il caso dell’attacco contro il treno Thalys in viaggio da Amsterdam a Parigi nell’agosto scorso è emblematico. Il sospetto era stato segnalato in Spagna, in Francia, in Belgio e in Germania. Eppure le rispettive capitali non se l’erano comunicato tra loro.

Un altro aspetto è motivo di grande preoccupazione. L’Intelligence europea non conosce esattamente il numero di foreign fighers rientrati nei rispettivi Paesi di origine. Sarebbero tuttavia molti di più del limitato numero di cui si pensava in principio.

In gennaio, per esempio, Hans-Georg Maaßen, direttore dei servizi federali tedeschi, aveva individuato in 60 i combattenti tedeschi morti in Siria e in Iraq e in ben 180 quelli rientrati.

Secondo i dati diffusi 8 mesi fa, la Francia resta il paese con più partenze: oltre 1.200. Il Regno Unito si conferma la seconda fucina di aspiranti miliziani, con 750 persone. La terza fabbrica europea di jihadisti è la Germania: 600. Dal Belgio ne sono partiti 450. Dall’Olanda sono comunque 250. Dall’Italia l’Icrs ne aveva calcolati 80 (dati di febbraio). Un confronto con il passato è utile per comprendere il fenomeno. In Afghanistan si erano contati circa 20mila combattenti stranieri. Ma in un arco temporale di 20 anni, a partire dall’invasione russa (1979).Il flusso in Siria e Iraq è rallentato negli ultimi mesi. Ma le cellule dormienti dell’Isis potrebbero essersi già insidiate in diversi Paesi europei. Sono persone con passaparto francese, tedesco, spagnolo. Che parlano perfettamente la lingua del Paese dove vivono (perché spesso è la loro lingua madre) e ne conoscono le abitudini . Si muovono con facilità nel contesto sociale. Così come i cani sciolti, i jihadisti fai da te, giovani ispirati dalla folle propaganda dell’Isis che decidono di agire su loro iniziativa. Un’altra pericolosissima arma in mano all’Isis, forse meno letale ma ancor più invisibile.

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