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Questo articolo è stato pubblicato il 16 luglio 2011 alle ore 09:39.

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di Leonardo Maisano
LONDRA. Stress test severi per quanto possibile, in uno scenario globale per le banche che s'aggrava. Andrea Enria, presidente dell'European banking authority, archivia l'esame a cui ha sottoposto gli istituti di credito e consegna le pagelle: otto respinti e sedici rimandati su novanta candidati, uno in meno del previsto in seguito all'opposizione dei tedeschi di Helaba ad apparire nella lista, in segno di dissenso per la metodologia adottata.

Senza quel gesto i bocciati salirebbero ufficialmente a nove. In ogni caso, anche considerando Helaba, meno del 10% delle banche europee rischia di scendere sotto il 5% del Core Tier 1, soglia d'allarme indicata dall'Eba, in caso di scenario economico avverso. «O per meglio dire su un capitale complessivo delle banche di 2mila miliardi - nota perplesso Daniel Davies di Credit Suisse - ci viene detto che al sistema del credito europeo bastano oggi solo 2,5 miliardi (tanto, secondo l'Eba, è l'aggregato mancante agli istituti bocciati, ndr)». Al giubilo che si leva da molte capitali, sembra già contrapporsi la perplessità degli analisti sull'efficacia dei test. I mercati lunedì diranno.

Fin d'ora si può, però, sottolineare che gli esaminatori non ha usato la mano leggera dello scorso anno. Cinque delle otto banche bocciate sono spagnole, due greche, una austriaca . Altre sedici (sette spagnole, due tedesche, due greche, due portghesi, una cipriota, una slovena e l'italiano Banco Popolare) sono state relegate in un'area grigia che fissa il Core Tier 1 sopra il minimo del 5 ma non oltre il 6 per cento. Tutte e ventiquattro dovranno, entro la metà di ottobre, aver presentato alle autorità di sorveglianza nazionali l'elenco delle misure che intendono assumere per rafforzare il capitale. I respinti dovranno averle messe in atto entro la fine dell'anno, i rimandati entro il 15 aprile del 2012. Gli stress test del 2011 sono cosa molto diversa da quelli del 2010 anche se i numeri finali non sono dissimili (sette bocciati all'epoca, 3,5 miliardi di capitale mancante).

E lo sono per almeno tre ragioni di fondo: per la metodologia adottata, molto più precisa essendo basata su tremila punti di valutazione (contro i 150 dello scorso anno); perché avvengono dopo una raffica di operazioni sul capitale; per il contesto di straordinaria incertezza in cui sono maturati. Andrea Enria è stato netto: «La situazione del debito sovrano è mutata da quando è stato fissato lo scenario preso in esame. L'outlook del rischio per le banche europee è fonte di preoccupazione». Una considerazione inevitabile, ma che non diminuisce affatto la validità di test ripetutamente aggiornati, seppure non con lo stesso passo di eventi in costante accelerazione.

L'esame, secondo l'Eba, è, infatti, rigoroso e compatibile con il quadro esistente. L'authority - lo ricordiamo - ha costretto le banche a valutare l'impatto sul proprio capitale in caso di schock sui mercati capace di provocare una caduta del Pil del 4% nel biennio esaminato rispetto alle stime di fine 2010 della Commissione europea. Conseguenti gli effetti su occupazione e mercato immobiliare. «In altre parole è come - ha esemplificato Enria - se si verificasse per due anni di seguito il quadro del 2009». Annus horribilis del sistema bancario che bruciò 400 miliardi di euro. Stressante abbastanza anche se la variabile del debito sovrano sulle banche è fenomeno più recente e oggi dominante. L'Eba ha immaginato di imporre haircut sul trading book degli istituti, ma non sul banking book perchè implicherebbe uno scenario di default che non può considerare. Su questo aspetto, il più esposto alle critiche di questi mesi di lavoro, il presidente dell'authority ha precisato, una volta di più, la metodologia adottata. Le banche, infatti, hanno dovuto fare accantonamenti in linea con le valutazioni effettuate dalle agenzie di rating. In altre parole l'impatto sul banking book è stato considerato. In misura analoga a un haircut? «In misura inferiore», ha riconosciuto Enria.

La critica sulla validità di un test del genere - dopo quelle al vetriolo dello scorso anno che non seppero o non poterono anticipare i fallimenti irlandesi - è inevitabile nello scenario di oggi. «A fine 2010 - ha ricordato Enria - venti banche sarebbero andate sotto il 5% di Core Tier 1 con almeno 27 miliardi di euro di capitale da raccogliere. Da gennaio ad aprile l'authority ha consentito operazioni sul capitale che hanno raccolto 50 miliardi». Come dire: la validità dell'esercizio sta anche e soprattutto nell'azione preventiva che esso induce. «I test non sono una previsione, ma rientrano nel complesso della regolamentazione, sono strumento di sorveglianza», ha aggiunto Enria. Resta da vedere se il mercato saprà afferrare davvero il principio o se si aspettava, ad ogni costo, lacrime e sangue sotto forma di un elenco infinito di sonore bocciature.

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