L’OPERAZIONE

Veneto Banca e Bpvi alla Bce: fusione unica via di salvezza

di Katy Mandurino

3' di lettura

Due lettere distinte, due risposte separate, che contengono, però, tra le righe, lo stesso appello: non ci può essere altra via per la sopravvivenza delle due ex popolari venete se non quella della fusione, la quale deve essere supportata dagli aiuti di Stato, strumento fondamentale per una ricapitalizzazione precauzionale.

Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca rispondono così alla richiesta della Bce, che qualche giorno fa aveva chiesto a ciascuno dei due istituti come intendano finanziare il proprio fabbisogno di capitale sulla base di piani industriali separati; in pratica una sorta di excursus su tutti gli indicatori patrimoniali, in modo da calcolare il reale fabbisogno di capitale privato, ed eventualmente pubblico, necessario per la realizzazione di un piano industriale diverso dall’ipotesi di fusione. I due istituti veneti, ieri, dopo i cda separati svoltisi a Milano, hanno messo a punto e spedito le missive, scrivendo nero su bianco di avere i requisiti per accedere alla ricapitalizzazione precauzionale e di considerare imprescindibile per il loro rilancio la strada della fusione. E, per ciò che riguarda l’andamento dell’Offerta pubblica transattiva, hanno evidenziato che nelle ultime settimane le adesioni hanno mostrato una decisa accelerata, con un ritmo di crescita dal 2 al 3% al giorno, tanto da portare la percentuali di quote raggiunte al 50% per ciò che riguarda Veneto Banca e al 48% per la Popolare di Vicenza (anche se le manifestazioni di interesse farebbero pensare a una adesione oltre il 60%).

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Ora la palla passa alla Bce, che con molta probabilità aspetterà il 22 marzo - giorno di chiusura del’Opt - per esprimere, verificato il risultato definitivo del piano rimborsi, quale può essere la strada percorribile per le due ex popolari. Visto che l’80% di adesioni sembra oramai un obiettivo irraggiungibile, si dovrà fare una valutazione analitica di quanto il risultato sia compatibile con il rischio contenziosi, se lo abbatta in modo significativo, e quanto pesi l’insuccesso in termini di accantonamenti in bilancio. Ma la palla è in mano anche al Governo italiano: più volte nei giorni scorsi è stato ribadito che l’esecutivo è a fianco delle due banche e che appoggia l’operazione di fusione, ma il pressing che deve essere fatto nei confronti dell’Europa e della Bce, che sembrano ventilare lo spettro del bail-in, dovrebbe essere più massiccio, autorevole ed efficace, in modo da impedire passi indietro e che il fallimento di due banche del territorio porti con sé un collasso non solo dell’economia del Nordest.

L’altro ruolo fondamentale spetta ad Atlante: il fondo detentore dei due istituti con il 99% del capitale, tra i cui soci ci sono banche e istituzioni italiane, è in attesa dell’esito dell’Opt. Ieri, a margine del Forum Impresa & Finanza organizzato dall’Associazione industriale bresciana, l’ad di Banco Bpm Giuseppe Castagna non ha escluso la possibilità di un intervento di Atlante 2 per la ricapitalizzazione delle due venete: «C’è un dibattito molto fitto con la Commissione europea e la Bce - ha detto -. Facciamoli lavorare in pace; quando si sarà chiarita la necessità patrimoniale di cui hanno bisogno si capirà se fare l’aumento con uno strumento piuttosto che con l’intervento dello Stato». Mentre con un’espressione di chiusura si è espresso il ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina: «Credo che ci sia ancora un percorso da portare avanti tra Bce, Commissione europea e ministero dell’Economia. Atlante è pronta a comprare le sofferenze. Francamente mi sembra che più di quello che ha fatto non possa fare». Ieri, intanto, si è dimesso dal cda di BpVi il consigliere Francesco Micheli «per le crescenti responsabilità professionali connesse al suo attuale ruolo in altre società». Micheli, ex presidente del Casl, l’organismo sindacale dell’Abi, era entrato in cda nel luglio 2016.

Proseguono, invece, gli incontri sul territorio per convincere gli indecisi a firmare l’Opt - i vertici di Veneto Banca ieri sera sono tornati da Milano per recarsi a Vittorio Veneto - un’altra adesione importante è arrivata ieri, dopo quella della Fondazione Roi: la firma della Diocesi di Vicenza, transazione che vale 27mila euro per 3mila azioni. Ora si attende mercoledì: fino al 22 (compreso il sabato) gli sportelli restano aperti.

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