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Questo articolo è stato pubblicato il 25 aprile 2012 alle ore 10:40.

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Quattro «tipizzazioni» per rendere inapplicabile la presunzione di dipendenza economica che fa scattare l'obbligo di assunzione per le false partite Iva, una franchigia del 6% sul totale dell'organico di un'azienda per le assunzioni con contratti a termine senza causale per 36 mesi e il rinvio alla contrattazione collettiva delle percentuali di conferma dei contratti di apprendistato. Sarebbero questi i punti di convergenza più importanti su cui i partiti di maggioranza avrebbero trovato un accordo per «migliorare», con il consenso del Governo, il Ddl di riforma del mercato del lavoro.

La conferma che la sintesi è stata trovata arriverà probabilmente solo domani, quando i due relatori, Tiziano Treu (Pd) e Maurizio Castro (Pdl), presenteranno i loro emendamenti al testo. Ma il quadro sembra a questo punto piuttosto definito. Le correzioni che verranno proposte riguardano soprattutto la «flessibilità in entrata», vale a dire la parte di articolato raccolta nel Capo II del Ddl, e sono tutte orientate a una logica di salvaguardia delle forme di lavoro richieste dal fronte più dinamico e terziarizzato della nostra economia.

Per le partite Iva si prevede una sorta di scudo contro la presunzione di subordinazione prevista dall'articolo 9 del Ddl e che fa scattare l'obbligo di assunzione quando si verificano due su tre delle seguenti fattispecie: una percentuale del 75% del reddito complessivo percepito dallo stesso datore di lavoro, oltre sei mesi di durata del rapporto di lavoro e l'utilizzo di postazioni di lavoro in una sede del committente. La correzione prevede l'inapplicabilità della norma alle partite Iva che si siano certificate volontariamente presso le Camere di commercio, ovvero nel caso in cui il lavoratore autonomo percepisca un compenso minimo o, ancora, quando la genuinità imprenditoriale è dimostrata da «profili oggettivi della prestazione» o da quelli «soggettivi» del titolare della posizione fiscale ai fini dell'imposta sul valore aggiunto. L'altra soluzione di salvaguardia alla flessibilità in entrata riguarda i contratti a termine: dalla liberalizzazione del «causalone» per i primi sei mesi si passerebbe alla franchigia del 6% dell'organico complessivo per le assunzioni a termine fino a 36 mesi senza causale, cui si aggiunge l'esclusione dai periodi di blocco per le riassunzioni di alcuni casi particolari, come le assunzioni a termine in vista di commesse dell'azienda o per il lancio di nuove attività.

Sempre in tema di flessibilità in entrata l'altro intervento forte riguarderebbe l'apprendistato: scompare la proposta circolata nei giorni scorsi di elevare fino a 32 anni il limite di età per l'accesso a questo contratto a causa mista e arriva la scelta di affidare alla parti, in contrattazione, la definizione delle percentuali da rispettare per la trasformazione dei contratti in assunzioni full time. Attualmente, il Ddl Fornero impone di stabilizzare il 50% di apprendisti (se l'azienda vuole assumere altri apprendisti), una percentuale che scende al 30% per i primi tre anni dall'entrata in vigore della riforma del lavoro.

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