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Se Draghi è il vero Mr Europa

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VISTO DAGLI USA

Se Draghi è il vero Mr Europa

NEW YORK - Un numero di telefono per l'Europa? Dopo averlo cercato fin dai tempi di Henry Kissinger, l'America ha trovato quello di Mario Draghi.
A Washington e a New York, che il presidente della Bce fosse diventato l'interlocutore privilegiato europeo lo si era capito ben prima della sua decisione di giovedì di procedere con il Quantitative easing.

Nei suoi passaggi americani, ora al Peterson Institute for International Economics, ora alla Brookings Institution gli interlocutori americani vedevano in Draghi l'unico leader europeo che lavorava solo per l'Europa e per l'euro piuttosto che per questo o quel paese. La sua prudenza e la sua diplomazia erano strumenti, si diceva a Washington, per rafforzare l'autonomia della BCE.

Anche la concessione formale che ha distribuito il rischio default fra i paesi membri, criticata da alcuni, resterà quello che è: “formale”. Nella sostanza, in cambio di una concessione che avrà minime possibilità di verificarsi, l'ammontare di Qe deciso è stato superiore alle attese e ha rafforzato l'Europa.

Ma c'è un contesto storico di più ampio respito. Nel lungo percorso verso l'unificazione europea, l'azione di Draghi rappresenta una svolta equiparabile a quella di Alexander Hamilton, primo segretario al Tesoro degli Stati Uniti che elaborò le fondamenta economiche del paese con la sua “triologia” scritta fra il 1790 a il 1793: a) sulla necessità di creare una Banca Centrale (che venne però oltre un secolo dopo); b) sul consolidamento del debito pubblico (dopo i forti indebitamenti per la guerra di Indipendenza dagli inglesi); e c) sulle manifatture, sull'importanza di “proteggerle per rafforzarle”. C'era anche un quarto rapporto, minore, una zecca autonoma.

Per rafforzare gli “Stati Uniti”, Hamilton voleva centralizzare una serie di interessi economici sparsi nei vari stati all'interno del governo federale nascente. Come ricordano scienziati politici come Lucio Levi, Presidente dei federalisti europei, Hamilton divenne il “profeta” della rivoluzione industriale americana, furono le sue idee e il suo slancio a mettere l'America, di nuovo molti decenni dopo, nella condizione di esplodere dal punto di vista economico.

Oggi in Europa manca ancora l'unione fiscale. Ma con la sua azione sul QE, con la sua dimostrazione di voler prevalere sugli interessi dei singoli stati per centralizzare Draghi ha mosso nuovi passi per rafforzare l'Unione e ha consacrato dei principi su cui c'erano molte resistenze. Afferma l'autonomia della BCE, cosa da cui non si dovrebbe mai tornare indietro, dopo i numerosi bracci di ferro degli ultimi mesi e anni.

Conferma che la Banca Centrale è davvero strumento per l'unificazione politica come immaginavano i padri fondatori. Diventa l'interlocutore più credibile in Europa, non solo per aver navigato con grande perizia le difficili acque della crisi e del conflitto politico, ma perché sul piano istituzionale europeo è l'unico in grado di poter esercitare una leva economica vera, in questo caso monetaria su cui può agire come abbiamo visto ieri in modo quasi illimitato.

L'America valuta invece con molto realismo l'impatto a breve medio termine sull'economia, a parte ovviamente le reazioni dei mercati. Un impatto negativo in conseguenza della manovra Qe si avrà sugli investimenti diretti stranieri: dall'America ad esempio sono stati chiusi per ora i rubinetti per sottoscrivere fondi in euro, per forti timori di una continua svalutazione della moneta unica da qui ai prossimi due anni, con obiettivi di rapporto euro dollaro persino al di sotto della parità.

Sul piano macroeconomico, gli Stati Uniti per primi hanno dovuto aspettare alcuni anni prima di poter vedere una ripresa economica in grado di produrre forte occupazione e un leggero rialzo dei redditi. E questo avendo anche approfittato del pacchetto di stimoli fiscali del 2009 che aveva inizialmente stanziato 787 miliardi di dollari contro i 315 miliardi di euro (lordi! Quelli americani erano netti) di Juncker. Si teme dunque che possa esserci uno scarto di tempo non breve, anche di uno o due anni prima di poter vedere la manovra di venerdì tradursi in una buona ripresa. E si chiede un'accelerazione dell'unione fiscale che non verrà. Intanto per l'America resterà aperta la linea telefonica Draghi. Già un grande passo in avanti rispetto ai tempi in cui il numero non si trovava.

SOTTO LA LENTE USA
Interlocutore credibile

Con la sua azione sul Qe e la sua dimostrazione di voler prevalere sugli interessi dei singoli stati Draghi ha mosso nuovi passi per rafforzare l'Unione. Diventando per gli Stati uniti l'interlocutore più credibile in Europa perché sul piano istituzionale è l'unico in grado di esercitare una leva economica vera su cui può agire in modo quasi illimitato
I timori sulla svalutazione
L'America valuta con realismo l'impatto a breve medio termine del Qe sull'economia. Un impatto negativo si avrà sugli investimenti diretti stranieri: dagli Usa ad esempio sono stati chiusi per ora i rubinetti per sottoscrivere fondi in euro, per timori di una continua svalutazione della moneta unica da qui ai prossimi due anni

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