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Questo articolo è stato pubblicato il 20 aprile 2012 alle ore 16:35.

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(©Tom Mascardo)(©Tom Mascardo)

La vicenda dei fucilieri di Marina imprigionati in India rischia di avere ripercussioni molto pesanti non solo per la credibilità dell'Italia ma anche per il rischio che gli armatori fuggano all'estero.

Sul fronte dei rapporti con l'India la notizia che il governo italiano risarcirà le famiglie dei due pescatori uccisi il 15 febbraio con complessivi 20 milioni di rupie (poco più di 290 mila euro) rischia di sembrare un'ammissione di colpa nonostante il rapporto di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone abbia sempre escluso di aver sparato contro un peschereccio e di aver anche solo visto il Saint Antony. Difficile capire se si tratti di un'iniziativa concordata con il governo di Nuova Delhi per giungere alla liberazione dei due militari.

La Corte Suprema della capitale ha reso noto oggi che il tribunale de Kerala non ha l'autorità per impedire alla petroliera Enrica Lexie di lasciare il porto di Kochi («perché l'incidente era avvenuto in acque internazionali», tesi che conferma la linea difensiva italiana), ma ha rinviato al 30 aprile l'udienza per il rilascio della nave perché il giudice ha constatato l'assenza di un documento di notifica alla moglie di uno dei due pescatori morti.

Il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, ha parlato degli indennizzi come di «un atto di donazione, di generosità, ex gratia, al di fuori di un contesto giuridico, un atto che il governo italiano ha ritenuto di dover fare» ma è singolare che ancora una volta la Farnesina e la Difesa abbiano taciuto l'iniziativa lasciando che a parlarne fossero i media indiani. In questa vicenda Roma ha del resto sempre perso, rinunciando a combatterla, la battaglia mediatica consentendo agli indiani di influenzare pesantemente l'opinione pubblica anche fuori dai confini dell'India.

Oggi però l'Italia oggi rischia di subire un grave danno economico dall'incapacità di risolvere la vicenda di Latorre e Girone e di garantire adeguata protezione alle navi mercantili che attraversano le acque infestate dai pirati. Come ha spiegato ieri un documentato articolo del Secolo XIX almeno due grandi compagnie marittime partenopee, la Perseveranza di Navigazione e la Marnavi hanno registrato a Malta diverse loro navi destinate ad attraversare l'Oceano Indiano.

Una sorte che riguarderà anche la "Enrico Ievoli" ancora in mano ai pirati somali ma che secondo indiscrezioni potrebbe venire liberata presto in seguito al pagamento del riscatto. Non è certo un caso che entrambe le compagnie abbiano già avuto navi sequestrate dai pirati e secondo fonti degli armatori citate dal quotidiano di Genova battere bandiera maltese è «più semplice e meno oneroso». In Italia non è possibile utilizzare guardie private a bordo dei cargo perché, anche se la legge lo censente, non sono ancora stati approvati i relativi decreti attuativi.

In pratica Roma continua a perdere tempo di fronte a un'emergenza, quella della pirateria, che è tale ormai da cinque anni. Certo è possibile imbarcare i team di Fucilieri di Marina che sono però solo dieci, costano oltre 2 mila euro al giorno e possono essere imbarcati e sbarcati solo in luoghi prefissati (Gibuti, Muscat in Oman, Colombo nello Sri Lanka e Seychelles, costringendo le navi a lunghe e costose deviazioni di rotta. Inoltre, come insegna la vicenda di Latorre e Girone, l'imbarco di militari rende molto più complessi i problemi giuridici rispetto ai security contractors, arruolabili a costi non diversi da quelli dei fucilieri di Marina ma molto più flessibili e meno "ingombranti".

Inoltre proprio la vicenda dei due fucilieri detenuti a Trivandrum potrebbe indurre la Marina a ripensare l'intera operazione di protezione dei mercantili con il rischio che i cargo si trovino presto senza poter contare più sui militari e non ancora sulle guardie private. Incertezze inaccettabili per operatori economici che perdono milioni di euro quando le navi restano ferme (come la "Enrica Lexie" a Kochi da oltre due mesi) o devono deviare la rotta.

A mettere in discussione questo impiego dei militari del Reggimento San Marco definendolo «ingenuo, un po' velleitario, sicuramente sbagliato» era sceso in campo in marzo Lorenzo Forcieri ex sottosegretario alla Difesa del governo Prodi e attuale Presidente dell'Autorità Portuale di La Spezia. «La presenza di militari sui mercantili si è rivelata sbagliata e pericolosa per loro e per l'Italia perché è una soluzione ibrida e ambigua che ha esposto il paese alle conseguenze di una grave crisi diplomatica», ha detto Forcieri favorevole a lasciare ai contractors i compiti di sicurezza delle navi.

Dopo aver chiesto per anni una legge che consentisse di proteggere equipaggi, navi e carichi, gli armatori italiani sembrano ora preferire "delocalizzare" registrando le navi all'estero. Qualcosa di simile alle aziende che lasciano la Brianza e si trasferiscono in Svizzera dove trovano condizioni migliori, servizi efficienti e flessibili e tasse decisamente più basse. Le petroliere "Miss Maria Rosaria" e "Miss Marina" della Perseveranza, e la "Gennaro Ievoli" della Marnavi sono le prime ad aver ammainato il tricolore sostituendolo con il vessillo maltese ma il rischio è che queste navi costituiscano solo le avanguardie di una flotta mercantile pronta a lasciare il registro italiano.

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