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Spagna al voto, sfida a quattro. Rajoy in testa, tanti indecisi

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domenica le elezioni

Spagna al voto, sfida a quattro. Rajoy in testa, tanti indecisi

MADRID - Gli spagnoli voteranno domenica dopo quattro anni di profonda crisi economica. Più di 36 milioni e mezzo di elettori decideranno gli equilibri del nuovo Parlamento e sceglieranno a chi affidare il governo del Paese.

Ma dalle ultime elezioni del 2011, che hanno visto trionfare il partito popolare del premier uscente Mariano Rajoy, molte cose sono cambiate. La crisi economica più grave della storia democratica spagnola, nella quale il tasso di disoccupazione ha superato il 26%, e la sfiducia crescente nella classe dirigente alimentato dai ripetuti scandali di corruzione, hanno modificato il rapporto dei cittadini con la politica.

Alle categorie tradizionali destra e sinistra si sommano così la rottura tra vecchio e nuovo, tra la cosiddetta casta e i nuovi movimenti nati dalla protesta di piazza e dall'indignazione della società civile. E mentre lo scontro sulla Catalogna, che chiede l'indipendenza, si fa sentire anche nel dibattito nazionale, anche la rapida ripresa dell'economia dopo anni di recessione è destinata a pesare in modo determinante sui risultati elettorali.

I conservatori con Rajoy puntano tutto proprio sui dati economici positivi – nel 2015 il Pil crescerà più del 3% e i senza lavoro diminuiscono - e sulla necessità che la Spagna si mantenga stabile e affidabile di fronte all'Europa e ai mercati. I socialisti, con il nuovo corso di Pedro Sanchez, spingono sull'urgenza di affrontare le ingiustizie sociali e gli squilibri economici causati dalla crisi e non risolti dalla ripresa, proponendosi come forza tradizionale ma di rinnovamento. Podemos, il movimento guidato da Pablo Iglesias che ha raccolto le rivendicazioni degli indignados, mette davanti a tutto la necessità di cambiare e partendo da posizioni di sinistra reclama un nuovo modello di sviluppo per la Spagna e per l'Europa. Albert Rivera, il leader di Ciudadanos, promette una svolta liberista-soft e insiste nella battaglia contro la corruzione e la cattiva amministrazione della cosa pubblica.

Di certo domenica sera la Spagna avrà il Parlamento più frammentato degli ultimi quarant'anni e dopo quarant'anni sembra che gli spagnoli sceglieranno di andare oltre il bipartitismo che ha visto alternarsi al governo popolari e socialisti, nel bene e nel male. La sfida a due è diventata una sfida a quattro, facendo aumentare l'incertezza: nell'ultimo sondaggio di Metroscopia il Partito popolare è dato al 25,3% delle intenzioni di voto, i socialisti sono al 21%, Podemos è in leggero aumento al 19,1% e Ciudadanos in leggero calo al 18,2 per cento.

Impossibile dire oggi chi guiderà il nuovo governo. I popolari di Rajoy, pur confermandosi prima forza del Paese, quasi sicuramente non avranno la maggioranza assoluta dei 350 deputati della Camera. Ciudadanos ha fin qui escluso alleanze con i popolari. Mentre dall'altra parte il Partito socialista e Podemos sembrano più impegnati a contendersi l'elettorato di sinistra che a pianificare il dopo elezioni. Comunque vada, la Spagna dovrà accontentarsi, per la prima volta da decenni, di un governo di coalizione. Ma a decidere quale coalizione governerà e con quale forza, potrebbero essere ancora una volta gli indecisi che secondo gli esperti, a due giorni dal voto, sono ancora almeno il 30% degli elettori totali.

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