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Questo articolo è stato pubblicato il 05 maggio 2013 alle ore 14:35.

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Nel 2007 il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti era al 4,7%. Oggi è al 7,5%. Nel 2007 solo il 18% di chi perdeva il lavoro restava a casa per oltre 6 mesi. Oggi questa sorte tocca al 38% degli americani. Nel 2007 il debito pubblico Usa ammontava a 9mila miliardi di dollari. Oggi a quasi 17mila. Eppure oggi la Borsa di Wall Street è ben sopra i record del 2007: venerdì ha chiuso al massimo storico, cioè quasi il 7% sopra i livelli pre-crisi. Certo, a trainare Wall Street c'è la recente ripresa economica e la consapevolezza che presto gli Stati Uniti saranno autosufficienti dal punto di vista energetico. Ma questo, da solo, non spiega tutta l'euforia. A favore di Wall Street gioca infatti anche un "aiutino" esterno: l'eccessiva liquidità.

Dal 2007 ad oggi la base monetaria negli Stati Uniti (cioè le banconote e le attività velocemente liquidabili) è aumentata di oltre 2mila miliardi di dollari. Merito della politica monetaria ultra-espansiva della banca centrale. Politica che non accenna a fermarsi: nel 2013 la Fed stamperà infatti altri mille miliardi di dollari circa, al ritmo di 85 miliardi al mese. Tutti questi soldi hanno avuto un effetto dirompente a Wall Street: hanno favorito la speculazione. Hanno montato la panna. E numerosi indicatori lo dimostrano chiaramente.

Un dato mostra la quantità di speculazione sulla Borsa americana più di tutti gli altri: il livello quasi-record di soldi presi in prestito dagli investitori per comprare azioni alla Borsa di New York. I cosiddetti «margin debt» (cioè i finanziamenti usati proprio per comprare azioni) secondo i dati Bloomberg a marzo hanno raggiunto la vetta dei 379,5 miliardi di dollari: questo significa che quel mese gli investitori attivi sulla Borsa di Wall Street hanno preso in prestito una cifra pari al Pil di un Paese come la Thailandia, solo per comprare azioni in Borsa. Si tratta di una cifra vicinissima al record storico di 381 miliardi, segnato proprio nel luglio 2007. Cioè il mese in cui è iniziata la grande crisi finanziaria.

Un altro indicatore mostra quanta liquidità giri a Wall Street: nel 2013 le aziende restituiranno agli azionisti, attraverso dividendi o buy-back su azioni, una cifra record. Almeno 450 miliardi di dollari. Cifra pari al Pil del Sud Africa. Nel solo primo trimestre del 2013 i buy-back annunciati (cioè i riacquisti di azioni) ammontano a 150 miliardi: mai, se non nel secondo trimestre del 2007, le aziende Usa erano arrivate a tanto. I dividendi già annunciati, calcolano gli economisti di Mps Capital Services, superano invece i 300 miliardi. L'effetto sarà immediato a Wall Street: infatti questa liquidità sarà probabilmente reinvestita, facendo salire ulteriormente le quotazioni.

C'è poi un effetto "travaso" dal mercato obbligazionario. Dato che i rendimenti sui mercati obbligazionari sono sui minimi storici ovunque ( sempre
grazie al record di liquidità), sempre più fondi obbligazionari sono costretti a diversificare sul mercato azionario per migliorare le proprie performance. Secondo i dati di Morningstar, sono ormai 352 i fondi classificati come «obbligazionari» che hanno azioni in portafoglio: molti più dei 312 di fine 2012 e dei 283 di un anno fa. Si tratta del record da 18 mesi.

Forse questi dati non significano che a Wall Street ci sia una bolla. In effetti ne esistono altri (per esempio i price-earnings) che suggeriscono la tesi opposta. Eppure sono dati su cui riflettere. Da non sottovalutare. Perché ricordano troppo quegli eccessi che, nel 2007, portarono il mondo alla rovina.

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