Economia

Rifiuti, in Sicilia un disordine organizzato

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AMBIENTE

Rifiuti, in Sicilia un disordine organizzato

Nel settore dei rifiuti solidi urbani in Sicilia c’è un disordine organizzato con un «sistema ordinario della raccolta che non va da anni, c’è una situazione di emergenza non dichiarata e, dagli elementi raccolti dal 2010 a oggi non ci sono stati cambiamenti». È la conclusione cui sono arrivati i componenti della commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo illecito dei rifiuti guidata da Alessandro Bratti, al termine della quattro giorni di viste e audizioni tra le province di Trapani e Palermo. È stata una seconda puntata di un lungo giro di visite programmate che continuerà nei prossimi mesi con la provincia di Messina e con le aree di Siracusa e Gela dove i parlamentari cercheranno di approfondire lo stato di avanzamento e le criticità nel settore delle bonifiche. Insomma un lavoro che punta ad andare in profondità e che si dovrebbe concludere poco prima delle ferie estive con una relazione dedicata alla situazione della Sicilia. Almeno queste le intenzioni annunciate dal presidente della commissione.

Per il momento il giudizio sul sistema dei rifiuti siciliano è pessimo: l’isola di fatto è in emergenza e i commissari hanno registrato un sostanziale immobilismo da parte della Regione siciliana che negli ultimi anni è intervenuta più volte con riforme normative che non hanno portato alcun risultato. Gli stessi commissari hanno dovuto constatare come a fronte della liquidazione degli Ato (gli Ambiti territoriali ottimali oggi in liquidazione e indebitati per circa cinquecento milioni) non siano affatto decollate le cosiddette Srr (previsti nella legge regionale del 2009) e che a tutt’oggi gli Aro ( Aree di raccolta ottimale previste in una nuova legge approvata nel 2013) non sono stati costituiti con quella celerità che il legislatore si aspettava. I tentativi di dotare la Sicilia di un nuovo piano rifiuti sono andati a vuoto: il piano varato dall’allora governatore Raffaele Lombardo che era anche commissario delegato per l’emergenza, ha ricevuto un primo via libera dal ministero per l’Ambiente ma ha ricevuto la Via-Vas solo a dicembre 2014 con un a cinquantina di prescrizioni e ora i parlamentari della commissione hanno certificato che quel piano è scaduto nel 2014 e che il nuovo assessore Vania Contraffatto «sta lavorando alla stesura di un nuovo piano di emergenza» ha spiegato Bratti.  Di fatto però il piano Lombardo non è mai entrato in vigore anche se sulla base delle sue previsioni, spiega il docente universitario Aurelio Angelini, sono state fatte gare d’appalto e sono stati realizzati impianti. Con la sapiente regia di Marco Lupo, allora direttore generale dell’assessorato e per un periodo delegato dal presidente Crocetta a gestire l’emergenza.

Resta il fatto che un piano di gestione (ordinaria) del sistema della raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani in Sicilia è urgente anche per poter spendere i fondi della programmazione 2014-2020 destinati al settore visto che si tratta di una condizionalità ex ante richiesta dalla Commissione europea. La Sicilia è l’unica regione italiana a non averlo.  Un piano che, se fatto a regola d’arte, potrebbe aiutare a colmare quelle lacune che i parlamentari hanno riscontrato: «Permane l’utilizzo delle discariche come unico sistema mentre la raccolta differenziata non raggiunge il 10 per cento. Senza tralasciare la situazione debitoria degli Ato che perdura nonostante la presenza di commissari liquidatori e continua a gravare sulle spalle dei cittadini che, a loro volta, non pagano, alimentando un loop che prosegue da anni. In Sicilia la mala gestione del ciclo  dei rifiuti ha delle connotazioni particolari: la Campania ha attraversato momenti di grande crisi ma oggi si muove sul 40% di raccolta differenziata, la stessa cosa non si può dire della Sicilia».

Qual è dunque la situazione oggi? Secondo alcuni, in assenza di altri piani di emergenza sono rimasti in vigore il Pier (Piano degli interventi per l’emergenza rifiuti) varato nel 2000 elaborato da una commissione a suo tempo guidata da Angelini e il piano di gestione varato nel 2002 dall’allora presidente Salvatore Cuffaro, commissario delegato per l’emergenza rifiuti. Quest’ultimo prevedeva la costruzione di quattro termovalorizzatori e siccome resta vigente,a determinate condizioni, quegli impianti potrebbero essere persino costruiti: «Dimensionandoli per il 35% dei rifiuti prodotti, considerato che il resto deve essere destinato a raccolta differenziata - spiega Angelini - potrebbe essere rifatto il bando. Lo dico ribadendo che sono contrario a questo sistema». Ipotesi campata in aria? Il presidente della commissione ha spiegato che «nessuno ha paventato il ritorno dei termovalorizzatori nell’isola» ma in passato, considerando inopinatamente vigente il piano Lombardo, c’è chi si era spinto a ipotizzare la costruzione di impianti per bruciare il cosiddetto css (combustibbile solido secondario ricavato dalla frazione secca dei rifiuti). La costruzione di termovalorizzatori rappresenterebbe una bella opportunità di business per i player del settore (uscita di scena la Falck che doveva costruirli ai tempi di Cuffaro si registra negli ultimi tempi un movimento che fa pensare a nuovi interessamenti).  L’affare di certo c’è: secondo i tecnici del settore un impianto da 65 Mw potrebbe portare nelle casse di chi lo costruisce 130 milioni l’anno grazie alle convenzioni con il Gse che dà le somme a titolo di incentivo. «In linea teorica - spiega ancora Angelini - grazie al sistema degli Aro ognuna di queste Aree ottimali potrebbe costruirsi il proprio piccolo impianto per bruciare rifiuti».

Intanto, per rimanere all’oggi, si registra un fallimento su tutti i fronti cui la dichiarazione dello stato di emergenza e dunque la nomina di un commissario da parte del governo centrale non sarebbe la giusta risposta. Almeno secondo lo stesso Bratti che ieri, nell’incontro con i giornalisti nei locali della Prefettura di Palermo, è stato chiaro: «La gestione dell’emergenza con commissariamenti non ha mai risolto un problema. Questo ci dice la nostra esperienza - ha detto il presidente della commissione -. La Sicilia, la Campania e la Calabria hanno speso molti soldi con commissariamenti senza risolvere tutto. Un conto è il commissariamento su questioni specifiche, come un singolo impianto, un conto è commissariare l’intera gestione regionale». Una risposta chiara a chi come il presidente della regione Crocetta e prima ancora l’ex assessore Nicolò Marino avevano fatto della richiesta di commissariamento e di emergenza (che prevede deroghe importanti anche nelle gare d’appalto con affidamenti diretti che lo stesso presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone ha bocciato più volte) un punto qualificante della loro azione.

In questo quadro disarmante sul piano della sostenibilità ambientale i parlamentari hanno anche riscontrato ancora una forte presenza della criminalità organizzata e non. E soprattutto una grave questione morale che investe le procedure autorizzative: «Le infiltrazioni della criminalità ci sono e si manifestano, per esempio nel sistema della raccolta, con l’imposizione di operai e la presenza in funzioni non apicali di soggetti legati alla criminalità organizzata». Ma c’è anche un problema di controllo delle imprese aggiudicatarie di lavori e in particolare, ha sottolineato la senatrice dei Cinque Stelle Paola Nugnes, le white list: «Un sistema che per quanto riguarda questo settore non funziona: in una situazione di emergenza le prefetture non hanno il tempo di fare i controlli necessari e dunque capita che si scopra la presenza di un’impresa mafiosa quando i lavori sono stati appaltati se non addirittura realizzati». Storture cui la Confindustria siciliana ha provato a porre rimedio: è del 2 aprile 2013 la lettera inviata dal vicepresidente Giuseppe Catanzaro all’allora assessore Nicolò Marino in cui si propone di snellire il sistema dei controlli in collaborazione con le prefetture. Una lettera che non ha mai ricevuto risposta. 

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