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Questo articolo è stato pubblicato il 01 aprile 2012 alle ore 15:11.

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Dall'Oriente arriva la luce. Ex oriente lux. Mai come oggi, per il mercato del vino italiano, questo antico adagio risponde al vero. Per le nostre aziende vinicole è boom di export verso l'Asia, con dati di crescita che si calcolano in decine di punti percentuali e che risollevano i bilanci dalla contrazione del mercato interno. La terra di conquista più fruttuosa per gli export manager riuniti a Vinitaly 2012 è, nemmeno a dirlo, la Cina. Nella sola area di Hong Kong, secondo Hong Kong Trade Development Council, (Hktdc), il valore delle importazioni di vino dall'Italia in 2 anni è più che raddoppiato, ed è passato dai 12 milioni di dollari del 2009 ai 28 milioni del 2011, con un incremento delle vendite del 61,5%. E nel 2012 la tendenza sembra rafforzarsi. A gennaio, in valore, l'importazione di vino italiano è aumentata del 57,2%, a fronte di una diminuzione del 35,7% di vino francese.

Molto attenta alle strategia di penetrazione imprenditoriale nella Repubblica popolare cinese è la marchigiana Moncaro. Qui l'azienda di Montecarotto, in provincia di Ancona, nel 2012 ha aumentato il proprio fatturato del 30%, per un volume d'affari di 800mila euro, con 300mila bottiglie vendute. Bene sono andati soprattutto il Rosso Conero e il Rosso Piceno. La crescita di Moncaro è frutto anche dell'avvio di una joint venture che ha portato alla realizzazione di Moncaro alcoholic beverage Bejin, una società attiva in tutto il territorio cinese per la penetrazione e la distribuzione dei vini marchigiani di alta fascia. In più, sempre in Cina, e sempre nell'ottica del rafforzamento del proprio brand, sono già operativi quattro punti vendita monomarca Moncaro e un quinto sta per essere inaugurato a Pechino. Fra le novità del Vinitaly 2012 c'è poi un progetto rivolto alla conquista dei mercati indiani. L'azienda del presidente Doriano Marchettista per aprire, grazie a una joint venture, una cantina nell'area di Mumbai dove Moncaro ha messo a disposizione macchinari e competenze. L'obbiettivo è produrre vino destinato al mercato locale. E la nuova impresa, approvata da Simest, costituirà una piattaforma per l'espansione di Moncaro nella penisola sub asiatica dove, nel 2011, l'azienda ha fatturato 50mila euro.

Vento in poppa anche per la veneta Zonin che nel 2011 ha esportato in Asia 1.695.000 bottiglie, con un incremento del + 10,5 % rispetto alle 1.535.000 del 2010. Anche qui l'aumento più significativo è stato in Cina, dove l'export è raddoppiato e si è passati dai 367mila euro del 2010 a 727mila del 2011 (+ 98%). Vanno bene soprattutto il Prosecco, i Rossi del Chianti di Castello e l'Asti Docg, divisi in due tipologie di fascia, una alta e una più bassa, entrambe affidate agli stessi distributori locali. Significative crescite ci sono state anche in India, con il + 40% del fatturato: da 44mila del 2010 ai 61mila euro del 2011. Un balzo in avanti la casa vicentina l'ha fatta anche in Corea del Sud, col + 16%.

Dall'Oriente arrivano numeri rosei anche per la storica cantina toscana Antinori, che nel 2011 ha realizzato in Asia un fatturato di 1 milione e 300mila euro, con un incremento del 30% sul 2010. Risultati ottimi anche in Giappone, con 1 milione e 200mila euro di fatturato, a Singapore, con 800 mila euro, in Thailandia, con 350mila euro, e in Corea del Sud, con 240mila euro. Ma non si contano le cantine nel padiglione toscano del Vinitaly che guardano all'export cinese con ottimismo. Un'azienda come Ruffino, che distribuisce tramite la multinazionale americana Constellations Brands, vende in Cina 15 mila bottiglie, soprattutto di Riserva Ducale. Oppure una realtà meno strutturata a livello imprenditoriale, come il consorzio tutela Morellino di Scansano, si attesta sulle 3000 bottiglie di Brunello importate all'interno di singole aree urbane.

L'Asia sorride anche all'abruzzese Cantina Tollo, che nel 2011 in quel continente ha venduto, escluso il Giappone, 150 mila bottiglie, 100 mila di queste solo in Cina, paese in cui il fatturato dell'export ha registrato il + 20%. Sviluppi interessanti anche in Taiwan, Thailandia, Vietnam e Corea del Sud. A sfondare, con il 94% delle vendite, sono soprattutto i rossi, il Montepulciano e il San Giovese di fascia bassa. Vanno bene anche il Trebbiano, lo Chardonnay e il Pinot grigio. Ma attenzione a non dire ai cinesi che il vino italiano si può abbinare alla cucina locale. Per continuare a incuriosire il mercato dagli occhi a mandorla bisogna insistere sulla tipicità della nostra cucina e del nostro stile di vita. Il consiglio arriva da Debra Meiburg, una delle più autorevoli Master of Wine d'Asia, invitata al Vinitaly 2012 come relatrice della conferenza "La demistificazione della grande Cina".

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