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Questo articolo è stato pubblicato il 08 gennaio 2012 alle ore 08:12.
UniCredit riparte da 2,62 euro. Staccato il diritto, è questo il prezzo a cui domani le azioni della banca entreranno in negoziazione a Piazza Affari, nel giorno che ufficialmente dà il via al maxi aumento di capitale da 7,5 miliardi. Parallelamente prenderanno il via gli scambi sui diritti, che esordiranno a 1,36 euro circa. Si aprono così tre settimane cruciali per l'istituto guidato dall'amministratore delegato Federico Ghizzoni, che chiede al mercato mezzi freschi per una cifra pari ormai all'intera capitalizzazione di Borsa, dopo gli scivoloni delle ultime sedute. Le azioni UniCredit, che prima di Natale valevano 0,69 euro, sono passate attraverso il raggruppamento una ogni dieci, che le ha portate a chiudere la seduta del 27 dicembre a 6,575 euro.
L'ondata di vendite è partita il 4 gennaio, giorno in cui sono state annunciate le condizioni dell'aumento di capitale: tra mercoledì e venerdì UniCredit ha perso così il 37%, bruciando 4,6 miliardi di capitalizzazione (da 12,2 a 7,6 miliardi) al termine di tre giornate consecutive di cali in doppia cifra e chiudendo la settimana a 3,982 euro. Movimenti che sono finiti nel mirino della Consob, impegnata a valutare la correttezza di tutte le operazioni. Il sospetto è che qualcuno possa aver tentato di aggirare il divieto alle vendite allo scoperto, magari forzando il meccanismo del prestito titoli: operazioni che hanno visto un drastico incremento della domanda, come evidenzia il balzo dei tassi praticati dall'1% al 7% circa.
In attesa di sviluppi su questo fronte, i corsi di Borsa hanno già provocato un drastico ridimensionamento dello sconto tra il valore a cui saranno offerte in sottoscrizione le azioni di nuova emissione (1,943 euro) e il prezzo del titolo al netto del diritto: pari al 43% in base alle quotazioni di martedì, si attesta ora al 26% circa. Ora, in ogni caso, gli azionisti UniCredit dovranno scegliere se aderire all'aumento, sottoscrivendo due nuove azioni per ogni vecchio titolo posseduto o se diluirsi, vendendo sul mercato tutti o parte dei propri diritti di opzione. Questi ultimi saranno negoziati a Piazza Affari per due settimane, da domani fino al 20 gennaio, mentre sulla Borsa di Varsavia le contrattazioni non si apriranno prima di giovedì. Dura invece tre settimane la finestra per l'esercizio dei diritti, che in Italia, Germania e Austria si apre domani per chiudersi il 27 gennaio (dal 12 al 27 in Polonia).
Nelle sale operative molti osservatori si aspettano che le quotazioni di titoli e diritti, come già avvenuto in occasioni analoghe nel recente passato, possano rimanere sotto pressione almeno nelle prime giornate di scambi, complice anche l'avvio degli arbitraggi da parte dei grandi investitori. Le vere cartine di tornasole saranno però, in primo luogo, l'andamento delle sottoscrizioni e, nel medio periodo, la performance del titolo UniCredit al termine dell'operazione, quando il mercato, turbolenze e crisi permettendo, tornerà a concentrarsi sui fondamentali dell'istituto. Dopo la perdita monstre registrata a fine settembre e la cancellazione del dividendo, la banca prevede un utile in crescita fino ai 6,5 miliardi attesi nel 2015, mentre Ghizzoni ha promesso ai soci un ritorno sostenibile al dividendo già dall'esercizio 2012.
Confidando anche in questo, i grandi azionisti hanno già annunciato il loro sostegno all'aumento, pur con qualche limatura delle rispettive quote: tra impegni vincolanti e non, risulta già coperto il 24% della ricapitalizzazione. A farsi carico dell'eventuale inoptato sarà comunque il consorzio di garanzia coordinato e diretto da BofA Merrill Lynch, Mediobanca e UniCredit Corporate & Investment banking e forte della partecipazione di altri 24 istituti, italiani ed esteri. Per questo, nonostante il tracollo in Borsa, molti osservatori invitano già da ora a vedere il bicchiere mezzo pieno: UniCredit avrà le risorse di cui ha bisogno per soddisfare le richieste dell'Autorità bancaria europea e per posizionarsi come una delle banche più solide del continente. Per molti concorrenti, soprattutto stranieri, la partita è invece ancora tutta da giocare.
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