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Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2012 alle ore 08:11.

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DAVOS
Nei corridoi del Centro congressi di Davos aleggia il fantasma di una nuovo default in versione lusitana. Mentre ancora non è risolto il caso della ristrutturazione greca molti dei partecipanti al Gotha economico finanziario guardano con apprensione a quanto sta avvenendo a Lisbona. «Certo è un piccolo Paese ma a spaventare nel caso portoghese – dice un importante finanziere che non vuole essere identificato - è l'effetto contagio. I più grandi possessori di debito portoghese sono le banche spagnole e Madrid ha già annunciato a fine anno di non essere riuscita a rispettare l'obiettivo del deficit sotto l'8%». Insomma se l'Italia ha fatto complessivamente manovre di austerità pari al 5% del Pil, Madrid è rimasta molto indietro e il Portogallo ha fatto ancora meno. Inoltre gli operatori hanno la percezione che a sostenere il mercato dei bond europei sia sostanzialmente la Bce e questo dà la sensazione di una situazione artificiosa che può precipitare da un momento all'altro.
Kenneth Rogoff, ex capo economista dell'Fmi ed ora professore ad Harvard, si mostra molto negativo sulla vicenda portoghese. La ristrutturazione greca sarà seguita da quella del Portogallo e il miglioramento del debito dei Paesi periferici dell'Eurozona «è un illusione». «Ci sarà bisogno di una ristrutturazione del debito in Grecia e Portogallo, questo è chiaro - ha proseguito Rogoff parlando a margine dei lavori al World Economic Forum Davos - forse anche in Irlanda, dove basterebbe ristrutturare il debito delle banche, in Spagna, se si include il debito del settore privato, quello delle grandi banche». Mentre l'Italia «è un caso borderline».
Rogoff mette in discussione soprattutto i progressi annunciati da molti leader a Davos durante i lavori del Forum, spiegando che l'unico motivo per cui gli spread sono scesi è che «la Bce sta finanziando il mercato». La situazione, secondo l'economista americano, potrebbe anche estendersi a Cipro e ad altri piccoli Paesi dell'area mentre nel caso del Belgio, come in Italia, «ce la faranno a stento con una gestione ragionevole».
Anche Laura Tyson, ex consigliere economica di Bill Clinton mostra segni di pessimismo a Davos. «Il futuro dell'Eurozona è incerto con problemi strutturali troppo a lungo lasciati insoluti, con una crisi finanziaria non ancora risolta la cui soluzione richiederà molto tempo - dice la Tyson -. La cosa più importante è la messa a disposizione di liquidità da parte della Bce ma serve varare un firewall adeguato». Quanto a un «problema di un singolo Paese» come la Grecia o il Portogallo «storicamente i Paesi con problemi di insolvenza e di competitività insieme escono dalle secche solo con una svalutazione competitiva, via di uscita che non può essere utilizzata dai membri dell'Eurozona». Quindi per risolvere i loro problemi Atene e Lisbona farebbero meglio ad uscire dalla zona euro.
«L'Italia invece sopravviverà – ha proseguito la Tyson - perché buona parte del debito è in mano agli italiani e ha subito un effetto contagio. Mario Draghi ha ragione quando dice che il mercato sopravvaluta il rischio sulla situazione italiana».
Sulla stessa lunghezza d'onda della Tyson è Nouriel Roubini, economista della New York University, noto per aver predetto la crisi finanziaria del 2008. «La Grecia andrà fuori dall'euro nel giro di un anno, seguita dal Portogallo», ha detto Roubini. «L'Eurozona è un disastro ferroviario al rallentatore - ha affermato nel corso di un panel a Davos - non solo la Grecia, anche altri Paesi sono insolventi». «Non tutti i Paesi membri sono in grado di restare nell'Eurozona - ha aggiunto l'economista - la Grecia è forse il Portogallo potrebbero uscire». La Grecia «entro i prossimi 12 mesi» per il Portogallo ci vorrebbe più tempo. Secondo Roubini «una forte recessione nei prossimi 3-5 anni distruggerà l'intera Eurozona». Speriamo che la Cassandra questa volta sia smentita.
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