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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2011 alle ore 08:08.

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Il decreto sviluppo, in corso di approvazione da parte del Governo, potrebbe contenere alcune novità rilevanti in tema di patto di famiglia e di successione ereditaria "necessaria", vale a dire quell'insieme di regole contenute nel codice civile che tutelano i più stretti congiunti del de cuius (coniuge, discendenti e, se mancano costoro, gli ascendenti) con l'attribuzione a loro favore della cosiddetta "quota di legittima", e cioè la quota di patrimonio di cui il defunto non può privare questi suoi familiari né con donazione in vita né con testamento.

Con il patto di famiglia, come noto, l'imprenditore, durante la propria vita, dona l'azienda familiare a quello dei suoi discendenti che egli ritiene essere il soggetto più capace di gestirla in futuro; quest'ultimo, secondo il vigente testo del codice civile, deve contestualmente provvedere a compensare gli altri familiari, a meno che essi vi rinuncino (e non è affatto chiaro se il testo normativo attuale possa esser letto anche nel senso che, a tali compensazioni, possa dar corso direttamente l'imprenditore).

La nuova norma potrebbe dunque finalmente rendere chiaro che la compensazione dei familiari non attributari dell'azienda possa essere fatta sia, come oggi accade, dal figlio beneficiario dell'azienda, sia dallo stesso imprenditore: si tratterebbe di una innovazione di notevole significato, in quanto è noto che spesso il figlio "prediletto" non dispone delle risorse sufficienti per tacitare i suoi parenti e che quindi non è facile organizzare queste operazioni, se non ricorrendo a fastidiose e impegnative acrobazie (nel caso più frequente ci si prodiga in pratiche di indebitamento del figlio beneficiario dell'azienda il quale, per rendersi finanziabile, deve dare in garanzia gli asset aziendali appena conseguiti).

Un'altra novità in materia di patto di famiglia sarebbe poi rappresentata dall'introduzione della possibilità, per l'imprenditore, di attribuire l'azienda all'erede designato non al momento stesso di stipula del patto, ma da un momento posteriore, e questo anche dopo la morte dell'imprenditore stesso, nominando un terzo amministratore per la gestione dell'azienda nel periodo tra la morte dellìimprenditore e il momento di subentro del beneficiario: e con ciò venendo incontro a quelle frequenti situazioni nelle quali l'imprenditore intende tenere il comando dell'impresa anche dopo la stipula del patto di famiglia oppure nelle quali l'imprenditore abbia discendenti in tenera età (si pensi al classico caso dei figli di secondo o terzo letto).

Passando alle probabili nuove norme in tema di successione necessaria, la bozza del dl Sviluppo propone l'introduzione del principio in base al quale, se il defunto lascia una pluralità di figli, la quota di legittima loro spettante (i 2/3 se il defunto era vedovo; la metà se al de cuius lascia a sé superstite il coniuge), va ripartita per la metà in tante parti quanti sono i figli e per l'altra metà può essere orientata mediante un testamento ma sempre all'interno della cerchia dei figli. In altri termini, quest'ultima metà può essere attribuita a piacimento del testatore a uno o più figli, senza rispettare il principio oggi vigente della ripartizione in parti uguali tra i figli medesimi.

Ad esempio, posto in 1 milione di euro il patrimonio del de cuius e ipotizzando che costui lasci il coniuge e due figli, la quota disponibile è di 250mila euro, la legittima del coniuge è di 250mila euro e ai due figli spettano gli ultimi 500mila euro. La legge attuale vuole che ciascuno dei due figli erediti necessariamente un valore di 250mila euro; per la nuova norma, se introdotta, si avrebbe l'attribuzione necessaria a ciascun figlio di 125mila euro (per totali 250mila euro) e, dei restanti 250mila euro, il testatore potrebbe invece disporre a favore di uno solo dei suoi figli (oppure in misura maggiore a favore di un figlio rispetto all'altro figlio).

Ancora, se il defunto, titolare di un patrimonio di 450mila euro, muoia con tre figli ma senza lasciare un coniuge superstite, oggi la disponibile è di 150mila euro mentre la legittima di ciascun figlio è di 100mila euro (per totali 300mila euro e cioè i 2/3 di 450mila euro). Nel prossimo futuro potrebbe dunque aversi una norma che consentirebbe di limitare le pretese di ciascuno dei tre figli a 50mila euro, lasciando al testatore la possibilità di distribuire a piacimento, anche se pur sempre tra i suoi figli, gli altri 150mila euro, senza osservare il vigente principio di parità di trattamento.

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