siderurgia

ArcelorMittal torna in utile e vede rosa nel futuro dell’acciaio

di Sissi Bellomo

Uno stabilimento ArcelorMittal in Francia (Ansa)

3' di lettura

Un bilancio finalmente di nuovo in utile, un outlook positivo non solo per il gruppo, ma per tutto il settore dell’acciaio, e una rinnovata attenzione per l’Italia, dove conferma un «alto interesse» per l’ Ilva e annuncia una joint venture nella componentistica con il gruppo Cellino-Cnl . Dopo anni di crisi nerissima ArcelorMittal torna a guardare con fiducia al futuro, segnalando una possibile svolta per la siderurgia.

Il gruppo, maggior produttore di acciaio al mondo, ha chiuso il 2016 con un utile netto di 1,8 miliardi di dollari – il primo “nero” da cinque anni – e un margine operativo lordo di 6,3 miliardi, in rialzo di oltre il 20% rispetto all’esercizio precedente. Nel quarto trimestre il Mol è stato di 1,6 miliardi (+51%).

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Il risultato, che supera le attese degli analisti ed è stato accolto con un balzo di oltre il 9% in borsa, dipende in buona parte dal formidabile rialzo dei prezzi nell’anno passato: non solo quelli dell’acciaio, in ripresa dell’82% persino nella vecchia Europa, ma anche quelli del minerale di ferro e del carbone da coke – materie prime che Arcelor non si limita a consumare, ma produce in grandi quantità – i cui prezzi sono rispettivamente raddoppiati e triplicati.

Le aspettative del colosso siderurgico per il futuro non sono stratosferiche, ma c’è comunque un certo ottimismo. A livello globale i consumi apparenti di acciaio (comprensivi di ristoccaggio) dovrebbero crescere anche quest’anno dello 0,5-1,5%, dopo il +1% del 2016, con un forte traino soprattutto da parte degli Usa di Trump (+3-4%) e del Brasile, che dovrebbe riemergere dalla crisi.

In Cina la domanda potrebbe rimanere stabile o diminuire dell’1%, mentre in Europa , roccaforte delle operazioni di Arcelor, non si prospettano scossoni: «Ci aspettiamo che il recupero della domanda continui,sostenuto dalla forza del settore automotive», afferma la società.

Non è una ripresa col turbo quella che ArcelorMittal intravvede per l’acciaio in Europa: il tasso di crescita della domanda potrebbe anzi rallentare, dal +1,5-2% del 2016 a un +0,5-1,5% quest’anno. Il gruppo ha tuttavia fiducia nelle sorti del Vecchio continente e anche in quelle dell’Italia.

Per l’Ilva «resta il nostro alto interesse», ha confermato ieri il direttore finanziario Aditya Mittal, figlio del magnate indiano Lakshmi Mittal, che controlla e guida il gruppo. Il manager ha vantato la superiorità dell’offerta che Arcelor intende presentare a fine mese insieme a Marcegaglia : «Possiamo essere i migliori partner. Vedo l’opportunità di contribuire ad un rapido miglioramento per Ilva».

In Italia ArcelorMittal ha anche trovato un «partner strategico» nel Gruppo Cellino (di cui fa parte anche Cnl Magnetto, attivo nella componentistica auto): insieme hanno creato la joint venture Steelcame, già autorizzata dall’Antitrust Ue, in cui saranno conferiti impianti francesi e polacchi, più la torinese Intek (niente a che vedere con il gruppo quotato a Piazza Affari). Cellino avrà il 65% della jv.

«Entriamo nel 2017 con una tendenza positiva sia per le nostre operazioni che per il mercato», ha detto il ceo Lakshmi Mittal commentando i risultati della società. «Il nostro Ebitda ha superato abbondantemente le aspettative iniziali, inoltre abbiamo rispettato l’impegno a privilegiare la riduzione del debito». Quest’ultimo è calato ai livelli più bassi dall’integrazione di Arcelor e Mittal, dieci anni fa: a fine 2016 ammontava a 11,1 miliardi di $, 4,6 miliardi in meno rispetto a un anno prima (e un multiplo di 1,8 rispetto all’Ebitda, in discesa da 3).

La riduzione del debito continuerà ad essere la priorità per ArcelorMittal, che dopo aver visto scendere il suo rating a livelli “spazzatura” punta ora a recuperare una valutazione di credito “investment grade”. Per questo motivo il gruppo ha preferito non riprendere per il momento a distribuire dividendi.

L’ottimismo si manifesta tuttavia nei piani di investimento: il capex per il 2017 sale a 2,9 miliardi di dollari, dai 2,4 miliardi dell’anno scorso.

Il mercato dell’acciaio «resta volatile», ammette la società. Tuttavia ci sono buone ragioni per sperare, rafforzate dalla recente elezione negli Usa di Donald Trump, che promette grandi investimenti in infrastrutture e un proseguimento delle politiche anti-dumping nei confronti della Cina. «Considerato l’eccesso di capacità globale nell’acciaio – ha detto il ceo Lakshmi Mittal – assicurare la correttezza negli scambi commerciali rimane cruciale e continueremo a sollecitare una soluzione onnicomprensiva alle pratiche commerciali sleali».

Dalla Cina proprio ieri sono arrivati dati incoraggianti. Le esportazioni di acciaio, in discesa quasi ininterrotta da 7 mesi, sono calate  a 7,42 milioni di tonnnellate in gennaio (-23% annuo) portandosi ai minimi da giugno 2014.

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