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Questo articolo è stato pubblicato il 06 marzo 2014 alle ore 19:26.
L'ultima modifica è del 07 marzo 2014 alle ore 16:32.

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Pontormo - Jacopo Carucci; Visitazione, 1528-1529 circaPontormo - Jacopo Carucci; Visitazione, 1528-1529 circa

Tanto per sgombrare il campo fin dall'inizio "Pontormo e Rosso Fiorentino divergenti vie della Maniera" è una mostra che fa già storia a sè. Riunire insieme a Palazzo Strozzi il 70% della produzione di questi due artisti eccelsi è impresa mirabile, se solo si pensa che l'ultima grande mostra dedicata a Pontormo risale al 1956, quando nello stesso palazzo fiorentino si tenne la "Mostra del Pontormo e del primo manierismo fiorentino". I curatori Carlo Falciani e Antonio Natali, che già furono gli artefici della splendida esposizione dedicata a Bronzino, stavolta hanno fatto un lavoro doppio, di confronto e rivelazione, togliendo alla poetica dei due la patina novecentesca - che aveva facile appiglio nella parola "manierismo" - per approdare a una lettura finalmente libera delle loro opere. Quel che emerge chiaramente dai vent'anni di studio dei due curatori è infatti che va "superato il bisogno di riconoscere il fondamento della pittura manierista in comportamenti deviati o ribelli" e pure "superata anche la volontà di reputare la spregiudicatezza formale come frutto d'una posizione contraria al potere e alle convenzioni sociali". Se si archivia o perlomeno tralascia il Pontormo "di nuova maniera ghiribizzosa" del severo giudizio vasariano a rivelarsi è così la varietas (oggi si direbbe eclettismo) di questo pittore che – come spiega Natali - accoglie a suo modo "vocaboli e sintassi allogene", mentre il Rosso, aspira a tener desta la tradizione fiorentina, tenendo sempre presente la lezione da Donatello a Masaccio. Di più. E' dal confronto ravvicinato – reso leggibile in mostra – che si evince come i due artisti (nati entrambi nel 1494 e sortiti dalla formazione comune alla bottega di Andrea del Sarto), assumano differenti attitudini che li porteranno a strade divaricanti: secondo l'inclinazione naturalistica e leonardesca il Pontormo, michelangiolesca invece per Rosso, che assertore della tradizione fiorentina, troverà committenze in Firenze nella aristocrazia legata al Savonarola e alle istanze Repubblicane. Un Rosso fortemente influenzato anche dalla letteratura cabalistica e dall'esoterismo. E questo fu chiaro fin da principio, anche se alla fine del loro percorso i due arriveranno a un riavvicinamento, nel segno imprescindibile di Michelangelo. Abbandonarono presto Rosso e Pontormo la "pittura armonica e senza errori" che il Vasari individuava nel comune maestro Andrea. Un indirizzo che ben si evidenzia già nell'accostamento – strepitoso - con al centro La Madonna delle Arpie di Andrea del Sarto e ai lati La madonna in Trono e Santi di Pontormo e la Pala di Santa Maria Nuova del Rosso (se ne consiglia la visione da lontano, lato sinistro della sala).

La mostra che si apre con i tre grandi affreschi della Santissima Annunziata, Il Viaggio dei magi di Andrea del Sarto, la Visitazione del Pontormo, l'Assunzione del Rosso, ripercorre poi le scelte differenti dei due artisti in fatto di ritratti (provenienti dal Louvre, dalla National Gallery di Londra, dal Museo di Capodimonte, dalla Fondazione Cini, dalla National Gallery di Whashington; quindi le peregrinazioni del Rosso fra Volterra, Roma, Sansepolcro (dalla città è arrivato il Compianto sul cristo morto) e la Francia (è presente il bellissimo La Morte di Cleopatra dall'Herzog Anton Ulrich Museum di Braunshweig), la Madonna della Cintola di Volognano, lo strepitoso Sposalizio della Vergine della Basilica di San Lorenzo a Firenze, restaurato per l'occasione. Del Pontormo sono invece in mostra la Cena in Emmaus degli Uffizi, dipinta per il refettorio della Certosa e la celeberrima Visitazione della chiesa di San Michele a Carmignano, fresca di restauro (presente a Palazzo Strozzi anche nell'interpretazione di Bill Viola), oltre alla Madonna col Bambino della collezione Capponi, il paliotto della Cappella Capponi a Santa Felicita, e il bellissimo San Girolamo del Niedersachsisches Landesmuseum di Hannover.

La sezione conclusiva infine è dedicata al tempo in cui il Rosso era divenuto pittore preferito da Francesco I a Fontainebleau, mentre il Pontormo a Firenze era artista di riferimento per Cosimo I de' Medici. I due, pur geograficamente lontani si riavvicinano nell'adesione a una comune lingua figurativa sovranazionale, che aveva recepito lo stile della maturità di Michelangelo. Lingua sovranazionale rappresentata da Venere e Bacco del Rosso (dal Musée du Grand Duché del Lussemburgo), Venere e Amore del Pontormo (Galleria dell'Accademia di Firenze) e dalla Pietà di Ecouen del Rosso Fiorentino, eccezionalmente prestato dal Museo del Louvre.

E' questa una mostra senza sbavature, che si snoda lungo un percorso filologicamente coerente, e che costituisce un'occasione, a dir poco unica, per affrontare la maniera. Resta solo, unico cruccio, da capire perché da Volterra non sia arrivata la Deposizione dalla croce di Rosso: così la città e la Pinacoteca civica hanno perso l'unica vera ribalta internazionale, attesa da quasi sessanta anni.

Pontormo e Rosso. Divergenti vie della "maniera"
Firenze, Palazzo Strozzi 8 marzo-20 luglio 2014.
Il catalogo è di Mandragora.

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