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Questo articolo è stato pubblicato il 24 aprile 2013 alle ore 10:20.

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L'auto elettrica tenta il decollo anche in Italia, dopo tante indecisioni e un palese scetticismo anche della nostra industria automobilistica. Spingono gli analisti, che esortano a non perdere l'ennesimo treno tecnologico creando per tempo una filiera industriale nazionale. Vanno in avanscoperta gli operatori energetici, sull'onda dell'alleanza stretta poche settimane fa da Enel e Eni per piazzare le colonnine di ricarica nelle principali stazioni di servizio del cane a sei zampe. E le istituzioni sembrano finalmente muoversi: il ministero dei Trasporti ha lanciato una consultazione pubblica sulla prima bozza del piano nazionale per le infrastrutture di ricarica elettrica, adempimento essenziale per dare il via libera alla sfida sull'onda di quanto previsto dal primo "decreto sviluppo" dello scorso anno (legge 7 agosto 2012 numero 134), che prevede azioni combinate per incentivare tutti i mezzi di locomozione a basso impatto ambientale. I tempi, per la verità, sono davvero stretti. Esperti, centri di ricerca altre istituzioni, associazioni di consumatori e analisti dovranno formulare le loro osservazioni entro il 10 maggio attraverso un format da compilare e inviare via Web (http://www.mit.gov.it/mit/site.php?p=cm&o=vd&id=2524). La consultazione fa seguito ad una prima tranche di incentivi, piuttosto timidi e quindi rapidamente esauriti, per l'acquisto di veicoli a basse emissioni ed elettrici.

Ritardi in corsa

Le questioni che il bando ministeriale si propone di approfondire sono centrate, ma anche emblematiche dei ritardi che il nostro paese ha accumulato su questo versante. Il messaggio è chiaro: tutto è ancora da decidere. Dai criteri da adottare per localizzare le infrastrutture di ricarica ai criteri per definire gli incentivi. Dal numero minimo di infrastrutture da localizzare sul territorio alla modalità per favorirne l'accesso. Dall'integrazione di tutto ciò con i piani di mobilità e della logistica fino all'aspetto apparentemente più banale ma ugualmente ritardatario: la definizione dello standard per le imprese di ricarica, che comprensibilmente devono essere uniche per tutti i modelli di auto o anche di motocicli.
Su questo versante la soluzione sembra tracciata, ma una decisione formale non è stata ancora presa. La battaglia è tra due proposte di standard, uno di matrice giapponese denominato CHAdeMO, l'altro concordato tra Europa e Stati Uniti e santificato da un accordo siglato tra otto principali case automobilistiche: General Motors, Chrysler (dunque la nostra Fiat), Bmw, Volkswagen, Audi, Porsche, Ford, Daimler. La loro "spina" è denominata più semplicemente Combo, che sta per Combined Charging System.

Sistema "intelligente"
Gli esperti certificano i vantaggi della soluzione euro-americana. Lo standard giapponese prevede infatti l'uso di combinazioni diverse nella spina e nella presa elettrica per le ricariche veloci e lente, mentre lo standard Combo utilizza un connettore "intelligente " per la ricarica normale e veloce, che oltretutto prevede direttamente anche le modalità di ricarica in corrente continua, che consente di gestire le cariche ultrarapide (meno di mezz'ora anche per le batterie più capaci) semplificando gli apparati elettronici di conversione da installare a bordo del veicolo elettrico.
I giapponesi premono, forti delle numerose installazioni già operative. I concorrenti contano di scalzare lo standard giapponese grazie alle migliori prestazioni del loro standard. Intuibile, ma nulla più, la pole position del sistema Combo nelle scelte che dovrà prendere, si spera breve, anche il nostro paese. Scelte che in ogni caso dovranno essere fatte in armonia con quelle comunitarie. Del resto è stata proprio la Ue a varare quella che per ora è una proposta di direttiva sulla realizzazione delle nuove infrastrutture per i mezzi a basso impatto ambientale nell'ambito del piano obiettivo per ridurre del 60% le emissioni di gas serra nel settore dei trasporti entro il 2050.
A mettere fine alla disputa potrebbe però essere la Commissione Elettrotecnica Internazionale, che entro la prossima estate potrebbe varare un suo orientamento ufficiale sullo standard da adottare. E dei dolori industriali da infliggere. Anche se c'è chi parla di una sorta di "rassegnazione attiva" delle imprese giapponesi, che starebbero studiando la possibilità di rendere compatibili entrambi gli standard salvando le loro installazioni già attive, con un apparecchio adattatore che garantisca una parziale compatibilità con il più dotato, e soprattutto più favorito, concorrente.

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