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Questo articolo è stato pubblicato il 12 febbraio 2012 alle ore 16:17.

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ROMA. Tra una decina di giorni potrebbe arrivare l'accordo con il sindacato. E per l'apprendistato potrebbe essere una spinta positiva, evitando alle aziende di fare i conti con l'eccessiva burocrazia che frena il ricorso a questa formula di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro: «Con l'accordo possiamo assumere noi gli apprendisti e metterli a disposizione delle aziende, organizzando anche la formazione», annuncia Federico Vione, presidente di Assolavoro, l'associazione che riunisce il 90% delle agenzie per il lavoro.

«Le Agenzie - aggiunge - hanno strutturalmente rapporto con gli enti locali, per noi è più facile districarci tra gli uffici amministrativi e siamo in grado di fornire formazione adeguata». In base alla legge serve l'accordo con il sindacato. Se arriverà come previsto in breve tempo sarà un tassello in più per utilizzare quell'apprendistato che secondo il ministro del Welfare, Elsa Fornero, ma anche secondo le parti sociali, dovrà essere la via maestra per far entrare i giovani nel mercato del lavoro, rendendone ancora più consistente la componente di formazione.

Le Agenzie per il lavoro si candidano a giocare un ruolo importante. Qualcosa negli ultimi anni si è mosso: la percentuale di lavoratori somministrati (ex interinale) è salita dallo 0,7% del 2009 all'1,2% della metà del 2011. Ma siamo lontani dal 2% della media Ue, comunque inferiore rispetto al 2,5% della Francia e al 4% dell'Inghilterra.
Eppure il loro contributo può essere centrale per realizzare quella flexsecurity che il presidente del Consiglio ha come obiettivo della riforma del mercato del lavoro. Agenzie per il lavoro da una parte, servizio pubblico dei Centri per l'impiego dall'altra: un binomio che dovrà collaborare sempre di più, specie con lo scambio di dati e informazioni su domanda e offerta di lavoro.

«Lavoriamo proprio preoccupandoci della formazione e ricollocazione del lavoratore: da una parte diamo una risposta all'esigenza di flessibilità delle imprese, dall'altra al bisogno di una continuità lavorativa del lavoratore», spiega Vione. Con un ingrediente fondamentale: la formazione, che le agenzie riescono ad organizzare in casa con un ente bilaterale finanziato con un 4% aggiuntivo di contribuzione (a carico delle imprese).

Le agenzie hanno il compito di ricerca e selezione del personale, formazione, somministrazione di lavoro, sia a tempo determinato che indeterminato, outsourcing, ricollocazione. Funzioni che rappresentano quelle politiche attive del lavoro che sono uno dei pilastri della riforma del mercato del lavoro, fondamentali se si vogliono rivedere le regole sui licenziamenti e ammortizzatori sociali. Ma per migliorarne il funzionamento ed ampliare la platea del lavoratori somministrati servono, secondo Vione, alcune modifiche alle regole: per esempio, eliminare totalmente la causale richiesta alle aziende per utilizzare questa forma di flessibilità. I risultati si sono visti già con la modifica inserita nella finanziaria del 2010: niente causale per i lavoratori in mobilità. Nel biennio 2010-2011 i lavoratori over 44 anni presi dalle liste di mobilità e ricollocati sono saliti di oltre 73mila unità.

«Negli alti paesi non c'è causale. Dovremmo toglierla anche noi del tutto, le aziende spesso la vivono come un deterrente», dice Vione. In questo modo il lavoro somministato potrebbe diffondersi di più. Inoltre è fondamentale, aggiunge, poter disporre delle informazioni del sistema pubblico: le aziende che vanno in cassa integrazione, le liste di mobilità. «In alcuni territori ci sono casi di eccellenza, in altri siamo più indietro», dice Vione. Che lancia anche una proposta: in caso di licenziamento, dare al lavoratore parte dell'indennità come bonus da spendere per trovare un nuovo posto, che le agenzie potranno incassare solo dopo averlo ricollocato.

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