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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2013 alle ore 08:27.

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PIOMBINO
L'altoforno della Lucchini di Piombino si fermerà a metà del gennaio 2014, con la messa in cassa integrazione di 600 addetti sui 2.200 dello stabilimento. Gli altri 1.600 continueranno a lavorare in attesa della cessione della fabbrica a cui sta lavorando il commissario straordinario Piero Nardi, prevista, per il ramo d'azienda Piombino-Lecco, entro aprile-maggio 2014. Il bando internazionale per la vendita verrà pubblicato entro il 15 novembre prossimo.
Si definiscono dunque tempi e modi della trasformazione di una delle più grandi acciaierie europee, dopo la conferma della fermata dell'altoforno da parte del Governo (si veda Il Sole 24 Ore del 19 ottobre). "Fermata" e non "chiusura", precisa Lucchini, perché l'altoforno, anche se è a fine-vita, non verrà demolito ma solo spento, nella speranza di un'offerta anche per l'area a caldo.
In quest'ottica, ha spiegato Nardi ai sindacati, è probabile che l'altoforno resti acceso fino a metà gennaio (e non fino a Natale, come annunciato finora), data prevista per la scadenza della presentazione delle proposte d'acquisto: così sarebbe pronto nel caso in cui vi fosse un interesse del mercato – fino a oggi inesistente – per l'area a caldo.
La chiusura, secondo il commissario, è l'unica possibilità per la riconversione "ecologica" della Lucchini, da attuarsi con la tecnologia Corex e il forno elettrico che hanno bisogno di investimenti per 240 milioni secondo l'azienda, per 350 milioni secondo il sindaco di Piombino, Gianni Anselmi. Mantenere in funzione l'altoforno significherebbe, sostiene Nardi, continuare a perdere circa tre milioni di euro al mese: «Se ci fossero finanziamenti statali – dice il commissario – meglio destinarli alla riconversione, anziché per un'attività in perdita». Ma il timore dei sindacati è per i posti di lavoro: l'età media degli addetti delle acciaierie è sotto i 40 anni, e ritrovare lavoro in quest'area non sarà facile. In ogni caso, i 600 lavoratori destinati alla cassa integrazione sono un numero inferiore a quello temuto (anche se c'è da aggiungere l'indotto), e dovrebbe permettere all'azienda di rimanere sul mercato (tenendo in esercizio la cokeria, le aree servizi e staff e i laminatoi), lavorando i semiprodotti che sono stati stoccati in questi mesi: più di 40mila tonnellate al mese, contro le 50-60mila trasformate e vendute.
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