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Questo articolo è stato pubblicato il 08 maggio 2014 alle ore 16:29.

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Tutto pronto per giugno. La Banca centrale europea ha deciso di aspettare le nuove proiezioni economiche del suo staff, disponibili dal mese prossimo, ma poi – se il quadro complessivo non dovesse cambiare – agirà. Con una inconsueta franchezza, lasciando solo un mimino spazio a ripensamenti – nel caso le prospettive economiche si modificassero radicalmente – il presidente Mario Draghi ha chiaramente detto che la politica monetaria diventerà più espansiva entro un mese. «Siamo d'accordo ad agire nella prossima occasione, ma prima vogliamo vedere le proiezioni», ha detto e subito dopo: «C'è consenso sul fatto che siamo insoddisfatti sull'andamento dell'inflazione, e sul fatto che non vogliamo essere rassegnati, non vogliamo accettare» questa situazione.

Un euro troppo forte
Il nodo è l'euro forte. Draghi ha chiaramente detto che la Bce ha una «seria preoccupazione» per l'andamento del cambio, per gli effetti che ha sui prezzi e sull'andamento dell'economia. Se l'inflazione è scesa in un anno dal 2,7% allo 0,7%, questa flessione è dovuta per l'80% al calo dei prezzi dell'energia e dell'alimentare; ma questo effetto si è ormai esaurito: il fattore dominante – ha spiegato – è ora l'euro forte. L'inflazione, ora, è prevista ferma per i prossimi mesi, e in rialzo «solo graduale» - un'affermazione ripetuta due volte, nel comunicato ufficiale - successivamente. Anche la debole domanda domestica, in un contesto di ripresa «a basso ritmo» e «piuttosto modesta», tiene i prezzi molto bassi; ma anche in questo caso è l'euro forte a preoccupare. C'è il rischio che la ripresa venga indebolita ulteriormente da un rallentamento della domanda globale, legata a sua volta a due fattori: il cambio, di nuovo, e le tensioni geopolitiche, l'Ucraina.

Perché aspettare?
I rischi geopolitici sono stati ancora una volta citati dalla Bce, insieme all'euro e nello stesso contesto, come un fattore di preoccupazione. Gli effetti di un'escalation della crisi in Ucraina – ma anche, ha detto Draghi, di un peggioramento dell'attività economica in Russia o di un effetto eccessivo delle sanzioni – potrebbero manifestarsi in due modi diversi: attraverso una riduzione della domanda, che potrebbe colpire i paesi di Eurolandia con un ampio interscambio con la Russia e l'Ucraina, o attraverso un aumento dei prezzi del gas, che inciderebbero sulla struttura dei consumi di Eurolandia – in prima battuta sarebbe una variazione dei prezzi relativi, di un prodotto rispetto agli altri – ma anche sull'inflazione, in maniera indiretta ma attraverso le aspettative, fondamentali per la politica monetaria. In questo senso, dall'esito della situazione ucraina può davvero dipendere la direzione futura della politica monetaria. Soprattutto per questo motivo, è ragionevole concludere, la Bce ha preferito aspettare.

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