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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2012 alle ore 13:19.

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Alla domanda se le banche centrali del mondo sono in guerra la risposta è sì. Una guerra a chi svaluta di più la rispettiva valuta per potenziare la crescita economica con il traino delle esportazioni. L'ultima battaglia di questa guerra sembra averla vinta, senze mezze misure, il dollaro. Da quando si sono intensificate (in estate) le aspettative su un nuovo quantitative easing (iniezione di liquidità con moneta stampata nuova di zecca) da parte della Federal Reserve, il dollaro ha perso terreno sulle altre principali valute. Basti pensare che oggi 1 euro vale 1,29 quando a luglio per acquistare quello stesso euro ce ne volevano 1,22 dollari. Da inizio anno il dollaro si è indebolito anche sul real brasiliano, scatenando le ire del ministro dell'Economia Guido Mantega che parla apertamente di «guerra delle valute» in corso.

La svalutazione del dollaro è confermata dal Wall Street Journal Index Dollar che sintetizza appunto l'andamento del biglietto verde su un paniere esteso di valute. Questo indice è sceso da 72,6 di luglio a a 69,4. In sostanza, l'obiettivo della Fed e del presidente Barack Obama in vista delle elezioni (a cui fa certamente comodo avere un dollaro basso) è riuscito: il dollaro sta perdendo colpi un po' su tutte le valute. E l'economia americana, nonostante l'enorme deficit, può tirare un sospiro di sollievo.

E il dollaro si è indebolito anche nei confronti dello yuan cinese (che secondo gli Stati Uniti è ancora eccessivamente sottovalutato), in quello, tra Usa e Cina, che in prospettiva potrebbe essere il duello più significativo tra le banche centrali del pianeta. Questa mattina, infatti, lo yuan, che può variare solo dell'1% al giorno sulla base del cambio regolarmente fissato dalla banca centrale cinese, ha toccato il massimo degli ultimi 19 anni nei confronti del dollaro. Un dollaro è sceso a 6,2856 yuan rispetto ai 6,3410 fissati.

La notizia ha un po' sorpreso alcuni analisti anche perché la Banca popolare della Cina nell'ultima settimana ha pompato una liquidità record nel sistema (365 miliardi di yuan, circa 52,7 miliardi di dollari). Nel frattempo, però, è aumentata amche l'offerta in dollari con la nuova liquidità iniettata dagli Stati Uniti (che ha annunciato un piano da 40 miliardi al mese senza porre un limite temporale). Liquidità che può trovare terreno fertile anche in Cina dato che i titoli di Stato di Pechino con scadenza a 12 mesi rendono il 2,82% contro lo 0,16% dei pari titoli emessi da Washington.

Del resto, anche il premier Mario Monti ha manifestato perplessità sulla strategia della Federal Reserve sottolinenando che un indebolimento del dollaro può penalizzare le esportazioni italiane.

In questa guerra tra banche centrali (e delle rispettive valute che difendono) si possono però anche aprire posizioni favorevoli per gli investitori. Perché il nuovo round di allentamento monetario potrebbe spingere una fuga degli investimenti verso asset di Paesi che meno probabilmente cercheranno di indebolire le proprie valute. Non a caso, secondo il Financial Times, molti operatori stanno rivedendo la composizione dei loro portafogli perché ritengono che il dollaro continuerà a indebolirsi innescando forti guadagni in altre valute. Gli investitori guardano quindi con maggiore attenzione a Paesi come il Messico, con banche centrali che non hanno una tradizione di frequenti interventi sul mercato dei cambi.

twitter.com/vitolops

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